Sicurezza del personale all’estero: la gestione HR nella crisi Russia-Ucraina

Sono circa 160 le imprese italiane che operano sul mercato ucraino, il 40% delle quali a Kiev, secondo quanto rileva l’ufficio Ice della capitale, su fonti Istat, Onu Comtrade e Servizio statistico nazionale dell’Ucraina. Più della metà produce in forma indipendente o in joint venture, mentre le altre hanno una rappresentanza commerciale. Aziende che in questi giorni, dopo l’attacco militare della Russia all’Ucraina, devono fare tutto il possibile per proteggere non solo le proprie attività, ma anche e soprattutto i dipendenti, tra i quali gli expat. Abbiamo chiesto di darci un quadro di questa drammatica situazione ad Andrea Benigni, Ad di Eca Italia, società di consulenza per la gestione del personale espatriato.

war in ukraine

Dott. Benigni, cominciamo dal principio: come impatta il livello di rischio di un Paese sotto il profilo della gestione HR?

«In primo luogo va precisato che l’intervento di ECA si fonda su technicalities che spaziano dalle politiche retributive di espatrio alla pianificazione fiscale-previdenziale transnazionale per gli espatriati. Le nostre consulenze non entrano in via diretta sulle tematiche che toccano sicurezza e possibili piani emergenziali per gli espatriati, ma va detto che – nelle valutazioni sul disagio-paese e  sulle relative ricadute che il medesimo potrà generare a livello di pacchetto retributivo – l’intervento dei nostri team di lavoro permette agli HR Department di identificare il livello di rischio del Paese e di comprendere come intervenire tramite leve retributive che rendano il trattamento economico di espatrio maggiormente incentivante. Un tema di questo tipo riguarda  non solo le posizioni manageriali ma anche e soprattutto quelle tecniche (di stabilimento e/o di cantiere) che potranno coinvolgere anche personale in trasferta e non in distacco permanente. Con riguardo alla gestione delle trasferte internazionali sarà frequente anche un confronto attivo con le organizzazioni sindacali».

L’Ucraina come veniva valutata, prima dell’attacco da parte della Russia?

«L’Ucraina è sotto osservazione geopolitica ormai da diversi anni: in questi giorni i media ci hanno più volte ricordato che la popolazione ucraina, nelle settimane precedenti l’aggressione militare di questi ultimi giorni, viveva con una certa “tranquillità” l’evoluzione dei fatti in corso. Le ragioni di questa informazione risiedevano nel fatto che dal 2014 il paese si colloca, purtroppo, in uno scenario di “guerra fluida”. Molti hanno affermato che l’Ucraina è in guerra ormai da 8 anni, ovvero dall’invasione e occupazione della Crimea. È in questo quadro che di norma la nostra società supporta le proprie società clienti, valutando l’evoluzione del disagio connesso a variabili multiple tra cui ricade anche lo scenario geopolitico, suggerendo aggiustamenti retributivi e interventi sui trattamenti degli espatriati o dei trasfertisti inviati all’estero.

L’Ucraina è stata in tal senso monitorata in questi ultimi anni come paese ad elevato tasso di criticità. Stiamo peraltro parlando di un paese ricco di risorse energetiche ed alimentari, le competenze che si riscontrano in loco sono di assoluto rilievo e nel 2021 le esportazioni italiane in Ucraina hanno sfiorato quasi 2 miliardi di euro, superiori in somma al valore “2019+2020”: sono dati che fanno comprendere le ragioni di una così consistente schiera di aziende italiane che hanno spinto la loro dimensione internazionale in un paese con 44 milioni di abitanti».

Sono molte le aziende e i lavoratori italiani nel Paese?

«Le aziende italiane presenti in Ucraina superano le 150 unità, dalle più grandi e note fino alle nostre tradizionali PMI. La conseguenza è stata ed è una presenza significativa di manager e tecnici italiani nel paese, per un totale di circa 2.000 dipendenti espatriati o inviati in trasferte regolari e ripetute. ECA International, il nostro partner internazionale, ci ha segnalato nel corso di questi ultimi anni un inevitabile incremento del disagio-paese, tanto significativo era il timore di ciò che in effetti si sta verificando in questi giorni, con un’accelerazione che ha sorpreso e lasciato sgomenti tutti noi. Ho sentito qualche direttore HR di aziende italiane con presenza in Ucraina, i fatti di questi giorni non sono una totale sorpresa per chi conosce o ha vissuto e vive il paese. Era un timore concreto: da un lato la guerra fluida che citavo poco fa, dall’altro l’approccio provocatorio e ripetuto negli anni della Russia sono stati indicatori costanti di una tensione che si portava avanti, purtroppo, da molto tempo».

Cosa prevedono oggi i piani di sicurezza aziendali per queste persone?

«In queste ore riceviamo alert dal nostro partner ECA International che – seppure anch’esso distante da dinamiche organizzative in ambito sicurezza – ha l’opportunità di avere contatti con società internazionali che hanno nel loro core business la gestione di policies e piani per la sicurezza e resilienza per la gestione degli espatriati. Mi riferisco a società come International SOS piuttosto che Crise24, che supportano sul piano tecnico le decisioni manageriali prese dai responsabili della sicurezza delle aziende. Il suggerimento verso l’evacuazione è diventato insistente da almeno 7/8 giorni precedenti la data del 24 febbraio, quando ancora lo spazio aereo ucraino era aperto. La drammatica difficoltà operativa di queste ore va peraltro a combinarsi con le restrizioni relative al Covid-19 verso le destinazioni di rientro. È in questo quadro che i provider specializzati in piani di sicurezza e resilienza hanno gestito e stanno gestendo le evacuazioni, che dovranno necessariamente tenere conto di questa ulteriore variabile, che appesantisce tempi ed efficacia degli interventi».

Come stanno operando queste società specializzate in piani di sicurezza e resilienza?

«L’operatività di queste strutture passa di norma per l’organizzazione di team di esperti che operano direttamente in loco. Si tratta dei cosiddetti Incident Management Team: la fase corrente, a valle della chiusura dello spazio aereo ucraino, diventa ancor più critica dovendo gestire e pianificare rotte (eventualmente via terra in questa fase), hotel e fornitori in ambito logistico. Lo scenario sta peraltro tendendo a una ulteriore complessità, a causa di spazi aerei che potrebbero andare a chiudersi in progressione, si veda ad esempio la situazione che ha di recente coinvolto la Moldova. Sul piano pratico, con il passare delle ore diventa maggiormente strategica l’ubicazione dell’azienda sul territorio ucraino: una base operativa indirizzata verso ovest sarà chiaramente favorita dalla possibilità di raggiungere, via terra, Polonia e Romania, con conseguente possibilità di utilizzo dei relativi terminal aeroportuali».

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