Smart working e frontalieri: l’accordo tra Italia e Svizzera

A metà novembre è stata annunciata ufficialmente un’intesa tra le Autorità di Italia e Svizzera per la regolamentazione del telelavoro dei frontalieri

Svizzera

L’inquadramento dello smart working effettuato dai frontalieri – a tuttotondo e giuridico in particolare – è un tema molto articolato, che genera almeno due elementi di impatto, uno previdenziale (che concerne i contributi pensionistici) e uno fiscale (che riguarda la tassazione del reddito da lavoro). 

Facciamo un passo indietro: in base all’Accordo tra Italia e Svizzera sulla tassazione dei frontalieri risalente al 1974, il frontaliere residente nella fascia dei comuni di frontiera di norma paga le imposte sul reddito unicamente in Svizzera, a patto però che abbia il “rientro giornaliero”.  

A fronte di questo elemento, l’Agenzia delle Entrate italiana ha sentenziato che se il frontaliere dei comuni di confine effettua anche un solo giorno di telelavoro, egli perde questo beneficio ed è tenuto a dichiarare in Italia l’intero reddito da lavoro, con relativo incremento della tassazione complessiva (Il frontaliere che non vive nei Comuni di confine, invece, è già tenuto a dichiarare in Italia il reddito da lavoro maturato in Svizzera ai fini fiscali. Per questi soggetti lo smart working non produce alcun impatto particolare da questo punto di vista).  

L’Unione Europea ha però sentenziato che, a partire dal 1° luglio 2023, i singoli stati hanno la libera facoltà di concedere ai frontalieri di lavorare da casa entro il 49,99% del tempo di lavoro senza avere alcuna conseguenza a livello previdenziale. Ma, mentre la Svizzera si è detta da subito favorevole a questa ipotesi, l’Italia non si era ancora pronunciata, costringendo di fatto ad applicare i regolamenti generali (validi però solo per i frontalieri che erano già tali al 31 marzo 2022) che limitano lo smart working al 24,99% del tempo di lavoro. 

Cosa è cambiato 

A seguito dell’Accordo tra le autorità italiane e svizzere del 10 novembre, è stato deciso che, dal 1° gennaio 2024 la soglia di “lavoro da casa” senza subire modifiche né a livello di Irpef né di Avs/Inps sarà pari al 25% del tempo di lavoro per tutti i frontalieri (vecchi e nuovi, di fascia o fuori fascia) e sarà calcolato su base annuale. Questa soglia sarà quindi valida sia per il piano fiscale sia per quello delle assicurazioni sociali.  

Il nuovo accordo, che ufficialmente verrà ratificato entro fine anno, garantirà appunto il 25% per tutti i frontalieri dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2025 (ovvero per due anni) 

Contestualmente verrà firmato anche un Protocollo di modifica dell’accordo sulla tassazione dei lavoratori frontalieri, che prevedrà appunto l’aggiunta di un articolo specifico riguardante il telelavoro nella misura del 25%. 

L’intesa raggiunta dai due Stati è un chiaro compromesso tra due posizioni praticamente opposte: da una parte la Svizzera, che da tempo insisteva con l’Italia per arrivare al 40% di smart working, come già fatto con la Francia e come pattuito tra tutti i maggiori Stati europei con i rispettivi Stati limitrofi.  

Dall’altra parte la volontà dell’Italia era invece quella di non regolamentare il telelavoro per via bilaterale poiché, secondo il Governo del Belpaese, lo smart working dei frontalieri è un potenziale incentivo alla fuga di manodopera qualificata verso la Svizzera. 

Il commento dell’esperto 

Abbiamo chiesto un’opinione ad Andrea Benigni, AD e Managing Director di Eca Italia, società che fornisce consulenza fiscale, previdenziale e giuslavoristica sulle principali tematiche inerenti la mobilità internazionale delle risorse umane:  

«In primo luogo è bene contestualizzare lo scenario di riferimento e per questo è venuta in soccorso, di recente, l’Agenzia delle Entrate, che nello scorso agosto  – circolare n.25 del 18 agosto 2023, ndr – ha puntualizzato che sono da considerare frontalieri i lavoratori che sono fiscalmente residenti in un comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nel raggio di venti chilometri dal confine con l’altro Stato contraente; svolgono un’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera dell’altro Stato, per un datore di lavoro residente, una stabile organizzazione o una base fissa di detto altro Stato; ritornano quotidianamente al proprio domicilio principale nello Stato di residenza.  

Rileva segnalare come l’Agenzia precisi che una delle condizioni vincolanti per essere definito lavoratore frontaliero è proprio quella del rientro quotidiano al proprio domicilio principale ubicato nello stato di residenza. Si deve cioè avere a che fare con un pendolare che si reca ogni giorno in Svizzera per svolgere la propria professione/attività lavorativa. Giova ricordare anche che il requisito del pendolarismo ha incontrato una deroga nel corso della fase pandemica con una disciplina provvisoria che precisava che fino al 40% del tempo lavorativo svolto in Italia in modalità agile potesse essere considerato come reso in Svizzera. 

Con il protocollo siglato lo scorso 28 novembre il lavoro agile – piuttosto che il telelavoro – diventa oggetto di una disciplina ad hoc. Per il lavoratore frontaliere sarà possibile svolgere in smart working fino ad un massimo del 25% dell’orario di lavoro; il testo dell’accordo tra Italia e Svizzera troverà la sua formalizzazione entro il 31 maggio 2024 seppure si applicherà fin dal 1° gennaio 2024 in forza di un accordo amichevole transitorio». 

 

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