Smart working, l’inizio della fine?

Per quanto la pandemia abbia insegnato alle aziende che un’altra modalità di lavoro è possibile, a campagna vaccinale inoltrata si iniziano a riscontrare segnali di ritorno in presenza. Lo registra l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, che il 3 novembre ha presentato i risultati del nuovo rapporto. Tra questi spicca il dato di circa 800 mila lavoratori del settore privato rientrati in presenza da marzo a oggi.

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Nel corso del 2021, con l’avanzamento della campagna vaccinale, è progressivamente diminuito il numero degli smart worker in Italia, passati da 5,37 milioni nel primo trimestre dell’anno a 4,07 milioni nel terzo trimestre. A settembre, infatti, si contano complessivamente 1,77 milioni di lavoratori agili nelle grandi imprese, 630 mila nelle PMI, 810 mila nelle microimprese e 860 mila nella PA. Progetti di smart working strutturati o informali sono presenti nell’81% delle grandi imprese (contro il 65% del 2019), nel 53% delle PMI (nel 2019 erano il 30%) e nel 67% delle PA (contro il 23% pre-Covid). Sono i numeri rilevati dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, presentati durante il convegno “Rivoluzione Smart Working: un futuro da costruire adesso” del 3 novembre.

Il lavoro agile resterà nell’89% delle grandi aziende e nel 62% delle PA. Al termine della pandemia le organizzazioni prevedono un aumento degli smart worker rispetto ai numeri registrati a settembre: si prevede saranno 4,38 milioni i lavoratori che opereranno almeno in parte da remoto (+8%), di cui 2,03 milioni nelle grandi imprese, 700 mila delle PMI, 970 mila nelle microimprese e 680 mila nella PA. Le modalità di lavoro in smart working torneranno a essere ibride, alla ricerca di un miglior equilibrio fra lavoro in sede e a distanza: nelle grandi imprese sarà possibile lavorare a distanza mediamente per tre giorni a settimana, due nelle PA.

I benefici sperimentati da lavoratori e aziende grazie al lavoro agile sono indubbi. L’equilibrio fra lavoro e vita privata è migliorato per la maggior parte delle grandi imprese (89%), PMI (55%) e PA (82%). Ma la combinazione di lavoro forzato da remoto e pandemia ha avuto anche conseguenze negative sugli smart worker: è calata dal 12% al 7% la percentuale di quelli pienamente “ingaggiati”, il 28% ha sofferto di tecnostress, il 17% di overworking.

«La pandemia ha accelerato l’evoluzione dei modelli di lavoro verso forme di organizzazione più flessibili e intelligenti e ha cambiato le aspettative di imprese e lavoratori, anche se emergono delle differenze fra le organizzazioni che rischiano di rallentare questa rivoluzione – afferma Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working – Le grandi imprese stanno sperimentando nuovi modelli di lavoro, con la ricerca di nuovi equilibri fra presenza e distanza capaci di cogliere i benefici potenziali di entrambe le modalità di lavoro. In molte organizzazioni, soprattutto PMI e PA, invece, si sta tornando prevalentemente al lavoro in presenza, a causa della mancanza di cultura basata sul raggiungimento dei risultati». Un arretramento che si scontra con le aspettative dei lavoratori e gli obiettivi di digitalizzazione, sostenibilità e inclusività del Paese. «Ora – prosegue Corso – è necessario costruire il futuro del lavoro sul vero smart working, che non è una misura emergenziale, ma uno strumento di modernizzazione che spinge a un ripensamento di processi e sistemi manageriali all’insegna della flessibilità e della meritocrazia, proponendo ai lavoratori una maggiore autonomia e responsabilizzazione sui risultati».

A settembre 2021 il numero degli smart worker si è attestato a 4,07 milioni. Nelle grandi imprese e nelle PA continua a essere ampiamente diffuso, con una media rispettivamente di 4,1 e di 3,6 giorni a settimana. Crescono i modelli di lavoro ibridi, in cui si alternano 2 giorni di lavoro in presenza e 3 a distanza o viceversa. Fra le grandi imprese che hanno definito o stanno definendo un progetto di smart working, il 40% afferma che il progetto non era presente prima dell’emergenza e che è stata la pandemia l’occasione per introdurlo, l’85% fra le PA.

Il 55% delle grandi aziende e il 25% delle pubbliche amministrazioni ha avviato interventi di modifica degli spazi dell’organizzazione per adattarli al nuovo modo di lavorare.

L’Osservatorio ha anche assegnato gli Smart Working Award 2021, riconoscimento alle organizzazioni che si sono distinte per capacità di innovare le modalità di lavoro grazie ai loro progetti. Cameo e ING Italia sono vincitori del premio fra le grandi imprese, Net insurance e Webranking fra le PMI, Banca D’Italia e Inail ricevono il riconoscimento nella categoria PA.

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