Stop allo smart working, cosa cambia

Nessuna ulteriore proroga dello smart working nel Decreto Milleproroghe: a partire dal 1° aprile scorso, la modalità di lavoro a distanza introdotta durante il periodo pandemico è tornata ad essere regolata dalla normativa ordinaria prevista dalla legge nr. 81 del 2017 anche per i lavoratori fragili e per i genitori di figli under 14. Ecco cosa cambia.

stop allo smart working per legge

Dopo lo stop allo smart working per legge, se un’azienda sceglie di utilizzarlo, deve stipulare un accordo individuale con ciascun dipendente. Lo smart working torna così a essere non più un “diritto” del lavoratore come durante la pandemia, ma una “modalità di esecuzione della prestazione”. 

Durante l’emergenza Covid, diverse aziende hanno disciplinato lo smart working tramite contratti collettivi aziendali. Nel caso in cui questi contratti siano a tempo indeterminato, le aziende possono apportare modifiche, come ad esempio sulla ripartizione delle giornate in presenza e da remoto, senza necessariamente notificarlo al Ministero del Lavoro. In merito agli accordi individuali a termine, alla scadenza possono essere rinnovati e comunicati al Ministero. 

La disciplina ordinaria dello smart working assegna priorità a certe categorie di lavoratori, come i genitori con figli fino a dodici anni o con figli disabili, i lavoratori con disabilità grave, o coloro che sono caregiver. Alle richieste provenienti da queste categorie di persone i datori di lavoro devono garantire priorità per non incorrere in sanzioni indirette, come l’impossibilità di richiedere la certificazione della parità di genere o l’accesso a bonus contributivi. 

Il Decreto Anziani, in vigore dal marzo 2024, riconosce priorità ai dipendenti anziani, dai 55 anni in su, per lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile, nel rispetto dei contratti collettivi di settore vigenti.

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