Tecniche di selezione del personale: i segreti dei professionisti HR

Da adattare a seconda del ruolo richiesto, del profilo del candidato e della cultura aziendale, ogni Hr utilizza tecniche e strategie volte a massimizzare le chance di successo nel processo di selezione del personale. Ne abbiamo parlato con Francesca Fabrizi, Risorse Umane e Organizzazione di Avio.

Francesca Fabrizi

Da adattare a seconda del ruolo richiesto, del profilo del candidato e della cultura aziendale, ogni Hr utilizza tecniche e strategie volte a massimizzare le chance di successo nel processo di selezione del personale. Un approccio che parte a monte, dallo screening dei cv – per poi concretizzarsi nelle fasi finali dei colloqui o nei processi di assessment – e che probabilmente la pandemia ha in parte mutato. Abbiamo chiesto ai componenti del Comitato scientifico di HR Link le proprie strategie per trovare (e assumere) il candidato migliore. Ne abbiamo parlato con Francesca Fabrizi, Risorse Umane e Organizzazione di Avio.

Come sono cambiate le tecniche di selezione del personale dopo la pandemia?

«L’utilizzo della tecnologia, sicuramente, ha velocizzato l’intero iter selettivo, a partire dal primo colloquio, che avviene quasi sempre online, con l’ausilio delle diverse piattaforme che sono entrate ormai nell’uso comune, da Skype a Teams».

Quali elementi si perdono facendo un colloquio su una piattaforma digitale rispetto all’incontro face to face con il candidato?

«Come sappiamo, la comunicazione è solo in parte verbale: nel colloquio online il paraverbale e il non verbale rischiano di perdersi o di venire in qualche modo modificati, possono non emergere alcuni elementi personali e caratteriali che in presenza sarebbero evidenti attraverso la gestualità o il timbro della voce. Lo schermo per alcuni candidati rappresenta un ostacolo – soprattutto per le persone più empatiche, che si bloccano davanti al monitor e al microfono – mentre per altri è una protezione e quindi affrontano il colloquio in maniera più sciolta. Anche la rete, non sempre performante al 100%, può causare problemi di comunicazione e “disturbare” l’andamento dell’incontro.

Per tutti questi motivi cerchiamo di organizzare poi un incontro dal vivo: il primo colloquio online serve per sondare le competenze tecniche e le motivazioni, il secondo live – che si organizza solo se emerge un reale interesse verso il cambiamento e una forte motivazione da parte del candidato – per approfondire temi emersi nel primo colloquio e valutare la risorsa in modo più approfondito, cogliendo tutti gli elementi dalla sua modalità comunicativa».

Ci sono caratteristiche dei candidati che ora sono diventate imprescindibili?

«È difficile generalizzare perché l’incontro tra la variabile umana e le necessità delle aziende porta sempre a ricerche differenti. Certamente, però, tra gli elementi che il candidato deve necessariamente avere ci sono la flessibilità e l’interesse ad affrontare un reale cambiamento, a mettersi in discussione per uscire dal proprio comfort zone e apprendere nuove competenze in un ambiente nuovo.

Un’altra caratteristica importante è l’umiltà: a qualsiasi livello, dal giovane laureato al senior manager, è importante entrare in azienda in punta di piedi; adattarsi e portare il proprio know-how in maniera giusta: il modo di proporre i cambiamenti è importante tanto quanto i cambiamenti che vengono proposti. A volte, infatti, la supponenza nel mostrare la propria bravura fa perdere professionalità e porta alla bocciatura del candidato: quello che dobbiamo tenere presente in fase di selezione è che la persona che sceglieremo dovrà poi interagire sia all’interno dell’azienda sia, spesso, all’esterno, per conto dell’azienda».

Qual è l’errore che un candidato non deve mai fare durante una fase di selezione?

«Credo che non si debba mai mentire e vendersi per quello che non si è. Ci vuole trasparenza da entrambe le parti: l’azienda deve esprimere chiaramente ciò che può offrire e il candidato deve lasciarsi conoscere, mostrarsi con sincerità, magari sorvolando sui punti deboli, ma dicendo comunque la verità! Soprattutto, non bisogna mentire sul reale interesse per il ruolo cercato, a maggior ragione se questo prevede un trasferimento o un importante cambiamento di vita».

E quale è invece l’errore che l’intervistatore non deve fare?

«Mai scartare i cv sulla base di dati oggettivi: ci sono tantissime persone che non sanno purtroppo scrivere un curriculum e un colloquio può far emergere quello che non sono riuscite a mettere su carta, soprattutto a livello di competenze trasversali, dal problem solving all’intelligenza emotiva, che per molti ruoli, secondo me per tutti, sono quasi più importanti delle skills tecniche.

Durante il colloquio, inoltre, non bisogna lasciarsi condizionare da pregiudizi e prevalutazioni, che un pizzico influiscono sempre, ma bisogna riuscire ad andare oltre, con un occhio valutante e mai giudicante. I pregiudizi sono insiti nell’essere umano e sicuramente la prima impressione ci influenza sempre, ma cerchiamo di filtrarli per valutare la professionalità e, soprattutto, diamo il tempo al nostro interlocutore di “sciogliersi”. Personalmente sono contraria alle stress interview che mettono appositamente in difficoltà il candidato per vedere come reagisce; io preferisco metterlo a proprio agio: solo così si aprirà e si farà conoscere».

Il detto “l’abito non fa il monaco” è valido durante una selezione? Ovvero, cosa si riesce a evincere dalla sfera “non verbale” (abbigliamento, postura, gestualità) dell’intervista?

«Oggigiorno sappiamo tutti che gestualità, tono della voce a abbigliamento sono parte integrante della comunicazione e quindi anche quest’ultimo deve essere in linea con il colloquio che si sta per sostenere. Faccio un esempio: se guardiamo a una giovane start-up posso immaginare che una comoda t-shirt sotto la giacca sia assolutamente un abbigliamento consono all’incontro. L’abito è un elemento aggiuntivo che ci consente di conoscere la persona, tuttavia non deve essere discriminante, anche perché dietro un abito estremamente formale può nascondersi una persona creativa ed espansiva. Ogni azienda ha poi delle regole non dette che vanno sempre rispettate per quanto concerne il dress code».

Se dovesse dare un consiglio a un candidato che sta per affrontare un colloquio, cosa gli direbbe?

«Sicuramente gli consiglierei di vivere il colloquio come un momento di conoscenza reciproca, una chiacchierata formale con l’azienda. È importante mostrarsi aperti e curiosi, pronti a trasmettere quello che si è e a non considerare una non idoneità da un punto di vista personale, il colloquio è sempre valutativo rispetto a un ruolo aziendale, mai nei riguardi della persona, che magari non oggi, ma in futuro potrà cogliere nuove opportunità con la stessa azienda».

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