Caso Amazon: privacy e controllo dei dipendenti

Tre direttori del personale su quattro sono favorevoli al braccialetto elettronico di Amazon, ma chiedono un rafforzamento delle norme a tutela dell’autonomia e della privacy dei lavoratori: è l’esito del sondaggio svolto dall’Associazione italiana dei direttori di personale tra i suoi associati dopo il caso Amazon

caso amazon

Strumento per migliorare l’efficienza o mezzo per controllare i dipendenti? Ha ruotato essenzialmente intorno a queste due opinioni il dibattito scatenatosi in Italia all’indomani del caso Amazon sull’annuncio di voler utilizzare nel nostro Paese il braccialetto elettronico, lo strumento ideato dal colosso dell’e-commerce per guidare i dipendenti alla ricerca dei prodotti sugli scaffali e aumentare la produttività.

Sulla questione l’Associazione italiana dei direttori di personale (Aidp) ha voluto sondare i propri associati chiedendo loro un’opinione sul tema. Il 75% dei 3000 manager interpellati è favorevole al dispositivo, se inteso però solo come mero strumento per rendere più efficiente il lavoro e non come mezzo di controllo. E tuttavia il 56,88% non ritiene che il braccialetto comporti un rischio di controllo delle prestazioni del lavoratore, anzi nel complesso i direttori del personale lo considerano alla stregua di altri dispositivi tecnologici, come i più banali pc e i cellulari aziendali, già ampiamente utilizzati in diversi ambiti produttivi.

Quello dei manager delle risorse umane è, dunque, un sostanziale via libera al braccialetto, con qualche accortezza però: la stragrande maggioranza degli interpellati (quasi il 60%) chiede, infatti, un rafforzamento delle norme a tutela dei lavoratori e della loro privacy, nella consapevolezza che sulla carta tutti questi strumenti tecnologici hanno potenzialità di controllo. Dunque sì a norme più restrittive che evitino ogni tipo di abuso.

 

Ma che cosa prevede il Jobs Act in materia di controllo dei lavoratori e di tutela della privacy?

Sono in molti, anche tra i giuslavoristi, a pensare che la nuova legge che ha modificato lo Statuto dei lavoratori abbia diminuito le tutele e aperto, di fatto, la porta a strumenti di monitoraggio dei dipendenti. Il Jobs Act è infatti intervenuto modificando, tra le altre cose, “la normativa dei controlli a distanza del lavoratore”. In precedenza, qualsiasi apparecchiatura da cui derivasse una possibilità di controllo a distanza poteva essere installata solo dopo un accordo con i sindacati o, in mancanza di intesa, presentando una richiesta all’Ispettorato del lavoro. Ora, invece, se si tratta di uno strumento fornito ai dipendenti per svolgere l’attività lavorativa (come un tablet) ma che può anche essere usato per il controllo non servono né l’accordo sindacale né l’autorizzazione dell’Ispettorato.

Ossia se l’intento dichiarato è lecito e lo strumento serve per migliorare l’efficienza e la produttività, allora si possono bypassare tutte le autorizzazioni: basta informare i lavoratori. Il dispositivo appena brevettato da Amazon ricadrebbe in questa categoria. E se poi i dati raccolti vengono usati da parte dell’azienda per mettere in atto un controllo pervasivo dei dipendenti? In questo caso, l’unica arma che rimane nelle mani dei lavoratori è la normativa sulla privacy, ossia il sistema di regole che disciplinano e tutelano il trattamento dei dati personali e assicurano che non siano lesi i principi di proporzionalità, di trasparenza e di salvaguardia della dignità dell’uomo.

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