Analytics e intelligenza artificiale: l’HR al servizio del business e della talent economy

Dialogo tra Christian Pedergnana e Franco Amicucci su presente e futuro della gestione delle risorse umane.

Teamsystem

Quanto sono data driven le aziende in Italia? Dall’ultima ricerca dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano, datata ottobre 2020, arrivano buone notizie: il 96% delle grandi aziende ha già iniziative per valorizzare i dati, mentre il 26% ha in corso progetti operativi di Advanced Analytics. Il mondo del business, dunque, ha già fatto questo passaggio e adesso è arrivato il tempo delle HR, a cui compete la gestione dei talenti, la risorsa più preziosa dell’azienda.

Christian Pedergnana, HR Product Manager di TeamSystem HR ne ha parlato nel corso del webinar Analytics e intelligenza artificiale per la gestione HR che si è tenuto lo scorso 2 dicembre, organizzato da TeamSystem in collaborazione con HR Link. A colloquio con lui Franco Amicucci, sociologo e fondatore di Skilla.

Dopo un breve excursus durante il quale Amicucci ha ripercorso la storia del dato – spiegando che “la scrittura inizia con il numero”, quando l’uomo, con l’avvento dell’agricoltura, sente la necessità di trovare un modo per gestire numeri che non riusciva più a tenere a mente – si è passati a confrontarsi su come gestire la complessità. Ciò che è certo, come ha ricordato Pedergnana, è che oggi è necessario “avere dati in tempo reale”, poiché i passaggi si sono sempre più velocizzati nel tempo. Un esempio: il telefono ha impiegato 76 anni ad arrivare a compimento del servizio; Pokemon Go un mese. La velocità dei tempi attuali è tale che – per ciò che riguarda gli aspetti HR – le persone non hanno più tempo di adattarsi e di prendere decisioni “sulla base di esperienze già metabolizzate”. E anche il capo “ha più un ruolo di coach perché è possibile che lui stesso non abbia ancora affrontato quel tipo di esperienza. Ecco perché le aziende devono diventare data driven: occorre prendere decisioni velocemente, analizzando una grossa quantità di dati”, ha chiarito Pedergnana nel corso del seminario.

Dopo il campo finanziario, dell’industria, dell’economia, del customer service, del marketing, è tempo che i big data entrino sempre di più anche nel mondo HR. Ed è importante perché “l’HR è chiamato a dare informazioni al business”: se la talent economy è diventata una priorità, compito dell’HR Analytics è fornire dati al business, ai manager. E se in passato la strada sembrava complessa, perché l’HR non nasce come figura legata all’analisi dei dati, oggi invece tutto è più semplice perché gli strumenti tecnologici sono molto più approcciabili e il “reskilling delle competenze sta avvenendo più velocemente di quanto si immaginasse”.

Del resto, cos’è in fondo l’HR Analytics? “Sono tre gli aspetti caratterizzanti – ha ricordato l’HR Product Manager di TeamSysytem HR – Innanzi tutto la capacità di capire cos’è successo, il reporting; il business chiede reporting e l’HR deve rispondere velocemente guardando lo storico. Poi bisogna essere in grado di fare analisi su dati attuali, avere la governance del presente, e infine essere in grado di compiere analisi predittive”. Il periodo di lockdown è stato significativo in questo senso, perché si è avuta la necessità di fotografare in fretta la situazione e agire. Per fare tutto ciò, dovendo gestire una quantità enorme di dati, è evidente che “non basti il foglio excel”.

È stato Amicucci a tornare sul tema delle competenze digitali, sottolineando come, all’interno della stessa azienda, oggi convivano facilmente persone con competenze molto diverse. Nella fattispecie i giovani, parte minoritaria delle aziende, avranno competenze più elevate della maggioranza dei dipendenti. Questo fatto rende evidente anche la necessità del reverse mentoring. Ma come si imposta questo processo?

Sul fronte del reskilling “un avanzamento c’è già stato”, ma la tecnologia deve aiutare l’HR – ha precisato Pedergnana – In questo senso l’introduzione dell’intelligenza artificiale fa davvero la differenza. “Non si deve pensare che sia difficile, è solo diversa”.

L’integrazione e la relazione uomo-macchina sono molto cambiati – ha continuato Amicucci –  la tecnologia è un supporto e la componente umanistica entra con forza nel sistema: “la rivoluzione delle risorse umane non deve venire solo dalle competenze digitali, ma da una trasformazione profonda del mindset, e la formazione deve guardare non solo all’oggi ma al futuro, a cosa accadrà nel 2025 e nel 2030”.  L’elemento predittivo, insomma, diventa sempre più importante.

“L’uomo onniscente è morto nel 1660”, gli ha fatto eco Pedergnana. “Oggi viene prodotta in un’ora una mole di informazioni che una volta era prodotta in un anno; ma le tecnologie hanno costi bassi, sono più elevati i costi progettuali: le grandi aziende sono le prime a essere coinvolte e quelle che tracciano il percorso della trasformazione”.

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