Quel gap che penalizza donne e crescita economica

Il 2018 è stato un anno di declino demografico per l’Italia ma la scelta di fare figli penalizza le donne sul lavoro (nel 2018 in 25.000 lo hanno lasciato). Il problema principale è la mancanza di politiche di conciliazione e servizi per i bambini nei primi anni di vita ma pesano anche fattori culturali radicati nella società. Pubblicato un bando da 74 milioni di euro rivolto ad imprese per progetti di conciliazione famiglia-lavoro.

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Il concetto è arcinoto: una maggiore partecipazione delle donne al lavoro farebbe bene all’impresa, alla società e creerebbe maggiore ricchezza per il Paese. Oltre al fattore etico, la parità è un anche un fatto economico. È scritto molto chiaramente in un paper (uno dei più citati sull’argomento) della Banca d’Italia su donne e lavoro: “Un maggiore accesso femminile al mercato del lavoro, che ne innalzasse il tasso di occupazione all’obiettivo di Lisbona (60 per cento) si assocerebbe “meccanicamente” a un PIL più elevato del 7 per cento, anche in presenza di una riduzione della produttività media… Una maggiore occupazione femminile si associa inoltre all’acquisto di beni e servizi, specie quelli di cura, altrimenti prodotti all’interno della famiglia, stimolando l’espansione di un mercato in Italia poco sviluppato; può determinare un aumento del numero di famiglie con redditi da lavoro e una riduzione del rischio di povertà”.

La questione è ben nota e discussa in centinaia di tavole rotonde, ma la realtà è desolante: ci sono tanti ostacoli alla piena parità uomo-donna sul lavoro, ma l’ostacolo principale – come evidenzia anche la ricercatrice Elena Barazzetta nel suo “Genitori al lavoro. Il lavoro dei genitori” – è l’assenza di politiche di conciliazione. Che si combina con due fattori critici per l’Italia: i bassi investimenti pubblici in servizi e una cultura maschilista ancora largamente predominante quando si parla di cura della famiglia. Detta in poche parole: il peso della scelta è tutto sulle spalle delle donne. Sono loro le “ricattate”. 

Dati

Nel 2018, per la prima volta, l’Italia ha avuto un declino demografico: -193 mila la differenza tra nati e morti (fonte: Istat) Difficile che un Paese in queste condizioni riesca a crescere. Il problema ha molto a che fare con il mondo del lavoro: non solo l’Italia è tra i Paesi europei che investono meno in politiche per la famiglia (appena l’1,8% del Pil), ma è anche maglia nera per occupazione femminile (solo il 49,5% delle donne lavora) e per gender pay gap. Non stupisce che – quando si tratta di scegliere quale posto di lavoro sacrificare in famiglia – a saltare sia sempre quello della donna. Nel 2018, su 49.451 genitori che hanno lasciato il lavoro volontariamente, le madri sono state oltre 35 mila. Il motivo è quasi sempre lo stesso: incompatibilità tra vita lavorativa e famiglia.

Ricapitolando: un paese in declino demografico ha poco futuro davanti, se lavorano più donne c’è più crescita, ma quando arriva un figlio a essere penalizzate continuano a essere le donne. Secondo la Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri dell’Ispettorato nazionale del lavoro, le dimissioni volontarie dei genitori di bambini fino a 3 anni d’età sono state 37.738. Le neo mamme che si sono licenziate sono state 29.879: 24.618 ha lasciato il proprio posto per i costi elevati dell’assistenza dei bambini, la carenza di asili nido,  per la difficoltà di conciliare lavoro e famiglia.

Conciliazione

Secondo diverse analisi la chiave di volta è creare una cultura della conciliazione. Nelle imprese si stanno facendo passi avanti e anche dal punto di vista normativo, soprattutto in relazione ai congedi parentali dei papà, c’è qualche miglioramento. Ma niente di paragonabile alle migliori esperienze del Nord Europa. Proprio per dare una spinta alle politiche di conciliazione, il Dipartimento per le politiche per la Famiglia della Presidenza del Consiglio ha pubblicato il #Conciliamo: un bando che destina 74 milioni di euro per progetti di conciliazione famiglia-lavoro. I fondi andranno a finanziare interventi che promuovano un welfare su misura per le famiglie e per migliorare la qualità della vita di mamme e papà lavoratori.

L’altro tema su cui intervenire è la maternità: non va considerata un ostacolo per la carriera. Anzi: le migliori esperienze dicono la maternità (o la paternità) è un’esperienza che restituisce all’impresa lavoratori migliori (un nostro approfondimento sul progetto MAAM).

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