Gender gap in banche e finanza, al vertice ci sono quasi solo uomini

Differenze salariali e soffitto di cristallo, eppure gli istituti che coinvolgono più donne nei board sono quelli meno esposti alle turbolenze finanziarie. In Italia la situazione non è migliore del resto del mondo: solo lo 0,5% delle donne impiegate nei grandi gruppi creditizi diventa dirigente

gender gap nel settore bancario

Ci sono posti in cui il gender gap è addirittura peggiore del gender gap che viviamo quotidianamente. Comparti in cui al pay gap che penalizza le donne (in Italia, anno 2018 guadagnano il 17,9% in meno degli uomini, a parità di mansioni) si aggiunge quel soffitto di cristallo che non si riesce a sfondare. Accade, purtroppo, nelle economie a forte vocazione di mercato, quelle che dovrebbero avere maggiore capacità di valorizzare il talento delle persone, a prescindere dal genere.

Nella finanza, ad esempio, le posizioni apicali sono quasi esclusivamente una prerogativa degli uomini. Negli Stati Uniti, se le donne a livello impiegatizio rappresentano il 50% della forza lavoro, nelle posizioni C-suite la presenza si assottiglia al 20%. In Gran Bretagna, ad esempio, è donna solo il 13% del personale delle società di trading, il 16% nell’investment management, il 19% nelle assicurazioni. Divario di genere enorme come è enorme la differenza salariale in alcune grandi corporation finanziarie. Un recente studio pubblicato sul blog dell’International Monetary Fund (FMI) attesta che a livello globale le donne sono rappresentate nei Cda degli istituti finanziari per meno del 20%, e solo il 2% raggiunge la carica di Ceo. Eppure, le banche con una più alta percentuale di donne nei consigli d’amministrazione hanno maggiori riserve di capitale, una percentuale più bassa di crediti deteriorati e una maggiore  capacità di resistenza agli stress finanziari.

In Italia la situazione nel comparto finanziario è analoga. Secondo uno studio First Cisl sui maggiori cinque istituti italiani (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Monte dei Paschi, Banco Bpm, Ubi), che pesano per due terzi dei 300.000 bancari italiani, a inizio 2017 le donne sono il 47%, ma guadagnano il 10% in meno e solo lo 0,5% diventa dirigente.

In diverse aziende sono stati siglati integrativi volti al miglioramento del work life balance, il diversity management è una funzione sempre più diffusa (nonché tratto distintivo positivo), ci sono Stati che obbligano le imprese a rendere pubblici gli stipendi in base al genere, e ci sono associazioni che da tempo si occupano del tema della piena parità di genere nel lavoro (qui l’ironico spot video di Valore D sul “no pay gap”, in programmazione in questi giorni), ma l’obiettivo, seppur a fronte di lievissimi miglioramenti sull’occupazione femminile, è ancora lontano. Per questo è necessario comprendere le ragioni profonde di un fenomeno distorsivo per l’economia e la società, superare vecchi paradigmi (da women don’t ask a women don’t get) e matrici culturali profonde che ci portiamo dietro. Cosa dà origine al gender gap? Un nostro approfondimento con gli ultimi studi in materia.

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