TAVOLA ROTONDA

Intelligenza artificiale e nuove applicazioni. Cosa dice la Commissione Europea? Quale sarà il futuro per le aziende?

Non è più il momento di dibattere tra “intelligenza artificiale” sì o “intelligenza artificiale no”, ma è arrivato quello di regolamentarla per assicurarne lo sviluppo garantendo protezione per le persone. La Commissione europea sta lavorando ad un quadro normativo, l’AI Act, a cui fare riferimento per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Ne abbiamo parlato con Alessandro Castelli, Direttore Risorse Umane, Comunicazione, ESG, Assetto Organizzativo, Property e Mobility Management Crédit Agricole Vita S.p.A. | Crédit Agricole Assicurazioni S.p.A., Luigi Irione, Ceo di Genuina e Federico Amicucci, Ceo, Business & Strategy director di Skilla.

Alessandro Castelli

Direttore Risorse Umane, Comunicazione, ESG, Assetto Organizzativo, Property e Mobility Management Crédit Agricole Vita S.p.A. | Crédit Agricole Assicurazioni S.p.A.

Un regolamento per normare l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale. Siamo pronti per questo passo?

«Bisogna riconoscere, ancora una volta, che l’Europa si è dimostrata pronta ad affrontare un tema così rilevante, come è successo anche con ciò che riguarda la privacy quando è stato introdotto il Gdpr. Adesso se ne parla meno, ma un po’ di anni fa l’introduzione del nuovo regolamento è stata una rivoluzione e si respirava molta preoccupazione. Essendo il primo documento al mondo di questo tipo, sarà faticoso calare le norme nella realtà delle imprese e degli utenti finali: questa sarà la vera grande sfida. Ma certamente, a fronte di una tecnologia che corre veloce, la prima cosa da fare è regolamentare, fornire delle linee guida che poi dovranno essere applicate nella realtà, anche in continuità con il quadro normativo già esistente».

Come ci si deve comportare di fronte ad una tecnologia così veloce?

«Esserne consapevoli è un ottimo approccio. Nei giorni scorsi sono stati presentati i nuovi robot che interagiscono con gli umani, una possibile evoluzione di Alexa, per fare un paragone noto. Non solo: si sta andando avanti anche su altri fronti, come ad esempio quello della tecnologia indossabile: avremo occhiali con cui svolgere una serie di attività, che al loro interno contengono la realtà aumentata. Questo per dire che non c’è solo l’AI, ma molto altro ancora con cui fare i conti».

Non ha senso, per lei, avere timori?

«La tecnologia va avanti molto velocemente e offre moltissime opportunità. Credo che l’atteggiamento giusto in cui porsi non debba essere quello del timore, ma della consapevolezza dell’opportunità che abbiamo e da cui, tuttavia, non si deve essere plasmati».

E come si può non cadere in questo errore?

«Bisogna informare e formare. Credo che sia fondamentale tenere presente questo binomio. Ritengo che tanto nel lavoro quanto nella vita privata, oggi come oggi, non si possa e debba fare a meno di informarsi. E penso che sia un errore aspettare che le cose si semplifichino da sole o che qualcuno pensi ad informarci: bisogna essere proattivi. È evidente che le aziende proporranno piani formativi ma ogni singola persona dovrebbe rendersi conto che bisogna stare al passo. Così facendo credo che molte paure vengano smontate, come quella che riguarda la perdita del lavoro. Sicuramente la tecnologia rivedrà i posti di lavoro, togliendone ma al contempo creandone di nuovi, ma darà anche la possibilità di sbloccare il potenziale di ciascuno di noi, permettendoci di dedicarci a nuovi compiti».

In che modo?

«Se si va su chat GPT a cercare un’informazione o se le si chiede di produrre un testo su un tema, quel materiale servirà poi per sbloccare altre idee, altro potenziale, creando nuove opportunità. Si creeranno connessioni e io credo che, alla fine, aumenterà anche la produttività. Ciò che importa è essere convinti che dovrà essere l’umano a governare la tecnologia, che per certi aspetti sarà sempre più avanti di noi. L’IA infatti non possiede consapevolezza, che a maggior ragione, secondo me, non dobbiamo mai mettere da parte; infatti, la possibilità di creare la cosiddetta “coscienza artificiale”, alla data odierna, è ancora lontana. Questo fa sì che l’attuale IA possa essere ancora plasmata».

Insomma, bisogna essere parte della trasformazione…

«Sì, dobbiamo essere esseri umani in un futuro tecnologico, che ormai è già presente. E renderci conto che forse stiamo sottostimando l’intelligenza umana e ci dimentichiamo che siamo noi ad aver inventato quella artificiale. Credo che qui stia la chiave del ragionamento. Dopodiché, come dicevo poco fa, occorre informare e formare ma anche provare, perché solo praticando la tecnologia la si governa. In quest’ottica è importante introdurre il concetto di trasparenza ed essere sempre consapevoli dei rischi che si possono correre: bisogna tutelare il copyright e fare attenzione alle informazioni fake. Un altro rischio a cui fare attenzione è quello dell’aumento delle disuguaglianze: ci saranno Paesi che inevitabilmente saranno più veloci nello sviluppo delle tecnologie e altri che resteranno molto indietro. E già adesso è così, ci sono molti autori che scrivono di tutti i cambiamenti dei prossimi anni, con relative criticità e curiosità, cercando di immaginare e prevedere il futuro. Vi invito a leggerli, per iniziare voi stessi ad influenzare il futuro!».

Luigi Irione

Ceo di Genuina

Qual è l’impatto dell’AI Act promosso dalla UE sull’innovazione e l’etica delle risorse umane?

«La normativa contiene alcuni aspetti decisamente positivi. Primo fra tutti, la protezione dei dati e della privacy. In un’epoca in cui i dati sono il nuovo oro, assicurarsi che siano trattati con rispetto è fondamentale, specialmente per noi in HR. Un altro punto di forza è la promozione di un approccio etico all’uso dell’IA. Divieti su pratiche come il riconoscimento delle emozioni aiutano a creare un ambiente lavorativo più sano e meno invadente. E infine, l’AI Act stimola l’innovazione responsabile. È un invito a pensare in modo creativo su come possiamo utilizzare la tecnologia per migliorare il lavoro”

 Quali sono le principali sfide da affrontare?

«Le sfide non mancano, e sono importanti. La normativa potrebbe, in certi casi, limitare il potenziale innovativo dell’IA, specialmente in ambiti che stanno emergendo come cruciali per l’HR. Poi, c’è la questione della complessità e dei costi di implementazione delle nuove regole. Non è un segreto che adeguarsi richiederà sforzi e investimenti significativi. E infine, trovo che ci sia una certa ambiguità in alcune parti della normativa, che potrebbe creare incertezze per le aziende».

Qual è il rischio di lasciare questo settore non regolamentato?

«Questa è una domanda cruciale. Senza un quadro normativo come l’AI Act, ci sarebbe il rischio di abusi e di erosione dei diritti individuali. Potremmo vedere pratiche di sorveglianza invasive o discriminazione basata su analisi biometriche, il che sarebbe inaccettabile. Inoltre, una mancanza di regole chiare potrebbe danneggiare la fiducia nelle tecnologie IA, un aspetto essenziale per la loro accettazione e adozione a livello sociale».

Quindi, qual è la sua visione complessiva su questa normativa?

«Credo che l’AI Act rappresenti un passo importante verso un equilibrio tra innovazione tecnologica e rispetto dei diritti umani. Sì, le sfide non mancheranno, ma viene data anche una direzione chiara per un futuro in cui la tecnologia e l’etica lavoreranno mano nella mano. Come diceva Albert Einstein, “è importante avere un’idea chiara e non usare la tecnologia solo perché è disponibile”. Questo è il nostro mantra in Genuina: usare la tecnologia con saggezza e umanità. Guardando al futuro, sono fiducioso che ‘lIA, guidata da principi etici e normative come l’AI Act, possa portare a trasformazioni significative e positive nell’ambito delle risorse umane. In Genuina, siamo impegnati a esplorare queste possibilità, mantenendo sempre al centro i valori di rispetto e innovazione responsabile. Come ricordava Alan Turing,” possiamo solo vedere poco del futuro, ma abbastanza per renderci conto che c’è molto da fare”. È con questo spirito che guardiamo avanti, pronti ad affrontare le sfide e a cogliere le opportunità che il futuro ci riserva».

Federico Amicucci

Ceo, Business & Strategy director di Skilla

Qual è il valore principale dell’AI Act?

«Sarà il primo regolamento al mondo sull’Intelligenza Artificiale. Lo scorso dicembre, Parlamento, Commissione e Consiglio Europeo hanno raggiunto un accordo politico; adesso si attende il testo definitivo e potrebbero volerci più di 24 mesi prima che la normativa sia pienamente applicata. L’obiettivo dell’AI Act è garantire che i sistemi di IA immessi sul mercato dell’Unione siano sicuri e rispettino i diritti dei cittadini. In un’epoca di rapida innovazione tecnologica, senza una regolamentazione adeguata, c’è il rischio che applicazioni e sistemi di IA si diffondano prima che la loro sicurezza sia valutata e garantita».

Quali sono i difetti dell’AI Act?

«Credo che occorra fare attenzione perché una regolamentazione eccessivamente complessa potrebbe ostacolare l’innovazione. Pertanto, penso che sia essenziale trovare un equilibrio, che non dipende solo dalla normativa, ma anche dalla nostra capacità, all’interno delle organizzazioni, di gestire il cambiamento e le nuove tecnologie».

Su cosa si basa l’approccio dell’AI Act?

«L’AI Act adotta un approccio basato sul rischio, classificando i sistemi di IA in quattro livelli: inaccettabile, alto, limitato e minimo, prevedendo responsabilità e divieti specifici a seconda del livello. Per esempio, per i sistemi a rischio alto è richiesta una valutazione e documentazione dettagliata, ma non è ancora chiaro quali saranno le parti coinvolte».

Quali sono le implicazioni nel settore dell’HR?

«Nel settore delle Risorse Umane, molte applicazioni sono considerate ad alto rischio a causa del loro impatto significativo sulla vita delle persone. Tra gli altri si citano i sistemi utilizzati per il reclutamento, la selezione e l’identificazione biometrica remota. Per quanto riguarda i sistemi di identificazione biometrica, la normativa offre un interessante spunto di riflessione: mentre il loro uso è vietato, tranne in situazioni legate alla sicurezza pubblica, i sistemi di verifica biometrica sono permessi, purché conformi alle disposizioni del Gdpr. Questa distinzione sottolinea l’importanza di mantenere alta l’attenzione, per comprendere a fondo le sfaccettature dell’Intelligenza Artificiale e sviluppare una nuova sensibilità verso di esse».

L’AI Act non solo definisce i confini dello sviluppo dell’IA per i prossimi anni, ma rappresenta anche un’opportunità per approfondire la nostra comprensione e interazione con questa tecnologia, cercando un equilibrio tra innovazione e regolamentazione».

 

 

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