Its, ecco la formazione tecnica superiore che risponde alle esigenze delle aziende

Massolo, presidente Accademia marina mercantile italiana: “Occupiamo quasi il 100% degli studenti lavorando a contatto con le imprese”. L’appello alle famiglie: “Le discipline del fare non sono un piano B”.

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Gli Its sono la risposta alle aziende che non trovano competenze tecniche specifiche sul mercato: le famiglie dei giovani dovrebbero capirlo e non ostacolare i ragazzi motivati a intraprendere studi tecnici”. A scandire queste parole è Eugenio Massolo, presidente dell’Accademia italiana della marina mercantile, che forma centinaia di allievi verso professioni strategiche e spesso molto delicate.

Presidente Massolo, come sono nati questi istituti?

Il sistema è nato tardivamente in Italia sul modello tedesco con l’obiettivo di attivare percorsi paralleli a quelli universitari che fossero strettamente legati alle necessità delle aziende di evolvere dal punto di vista tecnologico, fornendo personale adeguato. In Germania (come per certi versi in Francia, Svizzera e Belgio), chi non sceglie l’università può rivolgersi verso gli studi di alta formazione tecnica legati al sistema produttivo delle aziende tedesche: ogni anno sono 850 mila i diplomati.  La gestazione in Italia è stata piuttosto lunga: nel 2005 con l’allora ministro Maristella Gelmini e la deputata Valentina Aprea sembrava che l’istituzione di questo percorso di specializzazione tecnica fosse imminente. Ci si è arrivati invece pian piano, inizialmente attraverso l’attivazione del primo percorso sperimentale, gli Ifts (Istruzione e formazione tecnica superiore), che esistono ancora e conferiscono titoli regionali. Con gli Its si è arrivati a regime nel 2011. A reggerli sono fondazioni privatistiche sostenute anche dal Miur.

Quanti anni di studio sono previsti?

In linea di massima i percorsi durano due anni ma talvolta diventano anche triennali. I corsi marittimi (quelli per ufficiali di macchina e di coperta) per Decreto sono triennali, perché sono molto specifici. Anche in altri casi è possibile riconoscere la triennalità, ma solo a fronte di motivazioni specifiche. Il diploma conferisce il livello 5 del sistema Eqf (European qualification framework); ricordiamo che la scuola superiore è Eqf4. L’Its triennale conferisce il livello Eqf6; le lauree magistrali, per rendere l’idea, sono Eqf7. L’inglese è sempre molto curato, anche a partire dalla fase selettiva. Per ciò che riguarda il settore marittimo è importante conoscerlo; in seguito viene rilasciata anche una certificazione di inglese marittimo. Oggi abbiamo il 40% delle lezioni in inglese, ma l’obiettivo è di arrivare al 100%.

Secondo il monitoraggio del Miur, l’80% dei diplomati negli Istituti tecnici superiori trova lavoro entro un anno dalla conclusione, quasi sempre in aree coerenti con il proprio percorso formativo. Cosa ne pensa?

L’istruzione tecnica rappresenta un fattore strategico, anche se purtroppo la coscienza diffusa non è la stessa. È evidente che governare una nave che trasporta migliaia di barili di petrolio o una nave da crociera che trasporta tantissime persone richiede un elevato grado di competenze, di capacità decisionale, di organizzazione. Ancora, però, assistiamo a una resistenza, soprattutto delle famiglie dei ragazzi, convinti che ciò che riguarda il “fare” sia meno importante del resto. Non ci si rende conto che siamo ormai dentro la quarta rivoluzione industriale: le trasformazioni sono così rapide che le aziende hanno bisogno di figure sempre più specifiche, commisurate agli strumenti organizzativi che utilizzano. Rispetto al passato il mondo del lavoro è molto cambiato; le aziende hanno sempre più la necessità che le persone assunte entrino subito in produzione, sia per ragioni di costi sia per questioni di competitività. Negli anni ‘60 o ‘70 si potevano aspettare anche due anni prima che un lavoratore fosse produttivo: il tecnico anziano aiutava quello giovane; oggi non si riesce a farlo e l’anziano, dal canto suo, ha spesso paura di uscire, se entra il giovane. Oggi, dunque, è molto difficile mettere in atto questa trasmissione di saperi e di competenze. Per questo si rende necessaria una fase specializzante elevata che renda possibile un inserimento immediato.

Qual è la necessità delle aziende, dal punto di vista dei numeri?

Si parla di 10 mila posti di lavoro necessari che il sistema Its dovrebbe coprire. Confindustria dichiara di non riuscire a farlo per carenza delle competenze tecniche richieste.

Avete una certa libertà di programmazione?

Sì, ampia e di solito viene coordinata con le aziende partner. Anche il reclutamento dei docenti è molto libero: a oggi i docenti provengono innanzitutto dal mondo del lavoro, dalle aziende partner. Abbiamo poi anche docenti universitari, o provenienti da scuole superiori. Siamo sempre in grado di cambiare in corso d’opera per adattarci alle necessità delle aziende. Faccio un esempio: la base per la formazione di un ufficiale di marina mercantile è trasversale, ma esistono delle specificità precise a seconda che si tratti di navi petroliere o da crociera. Un altro settore in continua trasformazione è quello legato all’automazione e ai big data: in passato il comandante era più solo, oggi il sistema di controllo a terra è integrato con quello in nave. Anche per ciò che riguarda la sostenibilità il settore è sempre più in trasformazione: se si usa il gas invece del gasolio, le competenze devono essere diverse, perché il gas liquido è altamente infiammabile ed esplosivo. Infine, per ciò che riguarda la didattica stessa, usiamo un centro di addestramento per la simulazione navale: si fa sempre meno aula e più laboratorio.

Su cosa si regge il sistema degli Its?

Il sistema si regge molto sul finanziamento del Miur e del Ministero dello Sviluppo economico e sulle Regioni, che devono contribuire con almeno il 30% di ciò che dà il Miur. Alcune Regioni ci credono più di altre, come ad esempio Liguria, Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana; il Sud soffre di più perché il sistema produttivo è più debole.

Che percentuale di occupazione registrate dopo la formazione dei vostri studenti?

Nell’ambito marittimo siamo al 90%; in quello dei cuochi di bordo abbiamo punte del 100%.

C’è da dire che i fondi sono legati ai risultati prodotti dal monitoraggio effettuato da Indire, l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa, e pesa molto l’occupazione degli ultimi mesi presi in analisi. Se si supera il 70% è prevista una premialità del Miur al 30%; se si va sotto si rischia di perdere il contributo.

I corsi sono gratuiti?

Fino ad ora sì, sono del tutto gratuiti. Per il corso marittimo si paga solo la residenzialità a un costo di 15 euro al giorno; noi diamo una diaria di 7. È probabile che venga inserito il pagamento di una retta per questo corso, ma c’è da dire che sono previsti 12 mesi di imbarco in cui gli studenti vengono pagati dalla compagnia con circa 650 euro al mese.

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