Pensioni, salario minimo, gender pay gap: le priorità del governo

Intervista al Sottosegretario Claudio Durigon in occasione dell’incontro di preparazione della nuova edizione di Officina Risorse Umane (Napoli, 11-12 novembre) che si è tenuto al Ministero del Lavoro, per avviare il confronto su temi centrali per le direzioni HR. Per l’esecutivo il salario minimo non è la risposta al lavoro povero, va incentivata la contrattazione collettiva

Claudio Durigon

Lo scorso 13 settembre, al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali si è tenuto un incontro di preparazione di Officina Risorse Umane (ORU), appuntamento organizzato da Hr Link e Stati Generali Mondo del Lavoro.  Si è trattato di un momento inteso ad anticipare il dialogo che caratterizzerà l’evento di novembre sulle urgenze percepite dalle aziende in relazione al mercato e alle politiche del lavoro. Assieme ad una rappresentanza dei partecipanti ad ORU e con la direzione scientifica di LabLaw Studio Legale Rotondi & Partners, si sono iniziate ad esplorare le priorità delle direzioni #HR rispetto alle evoluzioni normative, con i partecipanti che hanno commentato aspetti specifici rispetto al proprio settore: difficoltà a reperire, rilocare e trattenere risorse, figure professionali specifiche, problematiche di settore, gestione del welfare e dei costi. Sono alcuni tra gli argomenti emersi che verranno approfonditi nel summit Officine Risorse Umane in programma a Napoli nei giorni 11 e 12 novembre 2023, dove con i vari tavoli di lavoro si elaborerà una piattaforma di proposte. 

L’incontro è stato occasione per porre alcune domande a Claudio Durigon, Sottosegretario al Lavoro, sulle politiche del governo in relazione ai grandi temi che interessano il mondo del lavoro. 

Sottosegretario Durigon, ci sono state diverse anticipazioni di possibili interventi sulle pensioni. Ci può delineare le strategie e le azioni del governo su un tema rilevante per tanti lavoratori? 

Nella prossima legge di bilancio continueremo il percorso che ci porterà a Quota 41. Molto probabilmente avremo Quota 103 anche nel 2024, consentendo a chi ha 62 anni con 41 anni di contributi di poter andare in pensione anticipatamente. L’obiettivo, però, resta quota 41 secca, tenendo conto che sui conti pubblici sarà sempre meno impattante, vista la progressiva riduzione del peso del retributivo sugli assegni pensionistici. Ora la priorità è il taglio strutturale del cuneo fiscale, che ha dato ossigeno a tantissime famiglie, rinforzando il potere d’acquisto ridotto dall’inflazione. 

Un tema molto attuale è quello della sicurezza sul lavoro. Quali interventi per evitare la quotidiana conta delle vittime? 

Stiamo lavorando al potenziamento della formazione dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza – RLS – per ridurre il disequilibrio che si riscontra nella preparazione tecnica di 

tali categorie rispetto alle altre figure aziendali impegnate nel sistema di prevenzione e protezione. Aggiungeremo anche uno stanziamento di risorse per la ricerca scientifica “prevenzionale” su infortuni e rischi emergenti tramite l’Inail, le Università e gli altri Enti di ricerca, assicurandoci che i risultati siano facilmente accessibili al mondo produttivo e a tutte le parti sociali. Dal punto di vista economico abbiamo intenzione di agire tramite una defiscalizzazione dei costi di sicurezza sul lavoro, in modo da incentivare la predisposizione dei dispositivi di protezione, concentrandoci soprattutto sul mondo delle piccole e medie imprese. Stiamo rafforzando anche le iniziative finalizzate alla diffusione della cultura della salute e della sicurezza sul lavoro nelle istituzioni scolastiche, con azioni volte a sensibilizzare, responsabilizzare, informare e formare gli studenti sulle tematiche della salute e della sicurezza sul lavoro. 

Un tema molto dibattuto in questi mesi è stato quello del salario minimo. Serve? Come attuarlo? C’è il rischio di indebolire le parti sociali? Quali sono le intenzioni del governo? 

Il rafforzamento dei salari è la priorità di questo Governo. Vogliamo rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale, che ricordo abbiamo portato al 7%, per sostenere il potere di acquisto di milioni di lavoratori. Il salario minimo non è la risposta di contrasto al lavoro povero ma tutt’altro, rischiando di scaricare sui prezzi al consumo gli aumenti imposti per legge ed esponendo ancor più i lavoratori a fittizi inquadramenti aziendali. In Italia abbiamo una contrattazione collettiva che arriva all’85% dei dipendenti e questa va incentivata e sostenuta. Dalla semplice retribuzione a tutti gli strumenti di welfare, l’obiettivo è sostenere i lavoratori, specialmente in quei settori dove la forza sindacale è assente o il mercato ha determinato salari troppo bassi, come per esempio sulla vigilanza. 

Da un lato ci sono imprese che non trovano dipendenti, dall’altro una preoccupante disoccupazione giovanile. Come chiudere il gap?  

I dati dell’ultimo rapporto trimestrale Istat ci dicono che sul mercato del lavoro stiamo operando bene, con una crescita dell’occupazione e una conseguente diminuzione del tasso di disoccupazione e degli inattivi. Il mercato del lavoro sta cambiando velocemente e lo vediamo anche dai dati sulle dimissioni: la stessa INPS, nel suo rapporto annuale ci informa che all’alto numero di dimissioni, quasi il 24% in più dal 2019, corrisponde un contestuale aumento delle assunzioni. Si va verso una dinamicità di cui i maggiori protagonisti sono proprio i giovani, che cercano nuove possibilità e ambienti in cui gli venga garantito equilibrio tra vita privata e lavoro, welfare aziendale, flessibilità di orari. Non ci sono le “grandi dimissioni” in Italia. C’è, invece, la volontà di trovare il posto di lavoro adatto alle proprie esigenze di vita. 

In Italia, ma non solo, c’è un preoccupante fenomeno di gender pay gap. Quanto è presente il tema nel primo governo guidato da una donna? Quali azioni pensate di mettere in campo? 

Sicuramente si può fare di più sotto tanti aspetti ma dobbiamo tenere in considerazione che la differenza di retribuzione dipende molto anche dalla tipologia di contratto. Molto spesso, infatti, le donne sono soggette a part-time involontario. I dati Istat, però, ci dicono che i rapporti di lavoro a tempo indeterminato aumentano, con le donne capofila di questa crescita. Ora bisogna agire concretamente per consentire un adeguato bilanciamento tra vita privata e lavoro, senza costringere migliaia di donne a scegliere tra la propria famiglia e la crescita professionale. 

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