People & data, nuovi tool e trend di settore

L’ambito delle people analytics è senza dubbio uno dei fronti di sviluppo più interessanti per le risorse umane. Quali sono i principali trend da tenere monitorati e come evolveranno in futuro? Ne abbiamo parlato con Valentina Vanzo, Global Head of People Programs and Analytics di Gucci e docente di Digital HR Master di Talent Garden Innovation School.

valentina vanzo

«Avere capacità analitiche non è più un nice-to-have, ma una competenza fondamentale nell’odierno ambiente guidato dai dati». Questa l’opinione di Valentina Vanzo, Global Head of People Programs and Analytics di Gucci e docente di Digital HR Master di Talent Garden. Con lei abbiamo parlato delle prospettive più avanzate in ambito people analytics, tra nuovi tool e aree di applicazione sempre più ampie.

Dott.ssa Vanzo, ci racconti di che cosa si occupa in questo momento e perché ha deciso di specializzarti in People & Data…  

«Da più di quattro anni mi occupo di People Analytics e di Digital HR, precedentemente ho lavorato nella funzione HR in ruoli diversi, ma sempre con una forte connessione con i dati e sistemi.

Negli anni ho sviluppato un interesse particolare sul tema People & Data, spesso inspirata da letture e testimonianze di aziende che avevano intrapreso questo percorso, riuscendo a fornire all’organizzazione approfondimenti sui dati delle persone tali da poter prendere decisioni più efficaci, migliorando le prestazioni aziendali e contemporaneamente l’esperienza e il benessere delle persone. L’idea di poter avere questo tipo di impatto, seppur sfidante, mi ha sempre motivata».

Qual è il reale valore dei dati nel settore delle risorse umane?

«Oggi quella dei People Analytics è diventata una funzione importante per la maggior parte delle organizzazioni e sta guadagnando terreno. È necessaria non solo per il team HR, ma anche per le altre funzioni aziendali.

Tutti all’interno dell’organizzazione hanno bisogno di dati sulle persone per analizzare, pianificare e prendere decisioni informate. Questo dovrebbe succedere sin dal momento in cui si attraggono i talenti e proseguire poi con l’ingresso in azienda, la gestione della performance, la retribuzione, l’engagement, la successione, la formazione e l’uscita, con l’obiettivo di migliorare l’esperienza, le decisioni e i processi aziendali associati alle persone.

Le organizzazioni si stanno facendo domande diverse rispetto a qualche anno fa anche rispetto alle persone e prendere decisioni informate riduce il rischio di incertezza nelle previsioni.

Non dovrebbe più essere sufficiente dire soltanto “il turnover è sceso di 2 punti, l’engagement è salito di 3 o che l’assenteismo è sceso dell’1%”. Sono informazioni essenziali, ma conoscere l’effetto di questi cambiamenti sul turnover, sull’engagement, sull’assenteismo, e anche capire l’impatto su altri obiettivi di business dovrebbe essere tra i principali obiettivi dell’intero team HR».

Secondo il suo punto di vista, quali sono i tool più efficaci da utilizzare nel day-by-day?

«Esistono molti tool che possono semplificare l’analisi dei dati e aiutare a identificare più velocemente e efficacemente gli insights. Ma avere semplicemente i giusti tool non garantisce i risultati.

All’interno dell’organizzazione servono sia competenze specialistiche, cioè ruoli dedicati in grado di estrarre e interpretare i dati, sia trasversali. Tutti i membri dei team HR dovrebbero essere in grado di produrre intuizioni significative che possano essere sfruttate dall’intera organizzazione.

Un percorso che suggerisco (dando per scontate le competenze analitiche di base e una corretta gestione e accuratezza dei dati) è quello di sviluppare tool di visualizzazione del dato che, se usati correttamente, aiutano a identificare più facilmente l’insight e a rendere i dati facilmente e rapidamente accessibili, supportando anche nella lettura del dato attraverso formazione dedicata».

Quali sono i principali trend da tenere monitorati nel settore dei dati e delle risorse umane, e come prevede evolveranno in futuro?

«Quello dei People Analytics è un ambito in continua evoluzione e sta crescendo in nuove aree come l’analisi della rete organizzativa (ONA), talent analytics, il wellbeing, il passaggio all’ibrido, che sicuramente richiede i dati delle persone per informare al meglio questa transizione, i learning analytics e l’ascolto continuo dei dipendenti che può certamente aiutare a modellare tutti i percorsi.

Un esempio: in questi mesi è molto hot il tema della great resignation che sta, dal mio punto di vista, creando un buzz eccessivo, ma ci ha sicuramente stimolati a guardare il fenomeno da un punto di vita diverso e ripensare al modo in cui analizziamo il turnover e che cosa lo influenza.

È fondamentale guardare al di fuori della propria azienda per creare un network e imparare dai professionisti e c’è da aspettarsi una ripida curva di apprendimento.

Mi aspetto che grazie ai People Analytics e ai trend citati sopra, si cambierà, per esempio, il modo di fare recruiting, di gestire la performance e il talento, di definire il reward ecc.».

Come si diventa esperti di People&Data?

«Gli ultimi cinque anni hanno visto il numero di professionisti delle risorse umane dotati di competenze di Data Analytics aumentare esponenzialmente del 242% (2020 Global Talent Trends di LinkedIn).

Avere capacità analitiche non è più un nice-to-have, ma una competenza fondamentale nell’odierno ambiente guidato dai dati. In questo senso, Digital HR Master di Talent Garden Innovation School – dedicando un intero week end all’argomento People&Data      – ha sicuramente identificato il giusto trend ed è un’ottima alternativa per tutti i professionisti HR che vogliono dotarsi di un mindset data-informed.

Oltre ad un’adeguata formazione, dal mio punto di vista il mix ideale per avere successo come esperti di People&Data risiede nella conoscenza di pratiche e processi HR, un set specifico di competenze quantitative, l’abilità di lavorare con sistemi HR e idealmente forti capacità di comunicazione per presentare intuizioni e tendenze a una serie di diversi stakeholder».

Ricopre il ruolo di docente per Digital HR Master di Talent Garden Innovation School ormai da due anni. Che cosa la affascina di questa avventura, e come mai ha scelto proprio Talent Garden?

«Prima di diventare docente di Digital HR Master, conoscevo già la realtà di Talent Garden e il percorso formativo nell’ambito HR: mi piaceva il taglio dato al Master e l’obiettivo di creare figure HR con approcci nuovi e un mindset digitale.

Insegnare è uno stimolo continuo a migliorare perché bisogna tenersi costantemente aggiornati sulla materia, cosa che faccio già per il mio lavoro, ma sapere di poter condividere questi temi con altri colleghi alimenta la voglia di imparare.

Inoltre, confrontarsi con i partecipanti al Master, che sono professionisti HR di ambiti diversi, mi permette di collezionare punti di vista e visioni sull’argomento che da specialista qualche volta mi sfuggono. Quindi direi che è uno scambio molto proficuo».

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