Prepararsi alle evoluzioni del ruolo HR

Con l’imminente entrata in vigore delle normative che richiedono il bilancio di sostenibilità anche per le aziende medio piccole, il ruolo dell’HR è chiamato a comprendere sempre più tematiche ESG. Quali sono i passi per diventare un HR Sostenibile? Ne abbiamo parlato con il prof Gabriele Gabrielli.

Futuro HR

Con l’approvazione a fine 2022 della direttiva europea CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), sono migliaia le imprese che avranno l’obbligo di redigere un bilancio di sostenibilità e di diffondere informazioni sui temi ESG, legati a impatto ambientale, diritti umani e sociali e aspetti di governance. La nuova direttiva punta a migliorare il reporting di sostenibilità, ad aumentare la trasparenza in materia ambientale, sociale e di governance e rafforzare l’impronta sostenibile dell’economia e del mercato europeo. 

Secondo Gabriele Gabrielli, Consigliere delegato della società benefit People Management Lab S.r.l. ,docente all’Università Luiss e direttore del Master accademico in Sustainable HRM all’Università Europea di Roma, il concetto di sostenibilità, «rispetto alle sue prime versioni, sta facendo registrare una profonda trasformazione. Si è partiti da una visione preminentemente ambientale e si sta oggi approdando verso un concetto più evoluto, che tiene conto anche delle dimensioni economica e sociale». Diventa sempre più cruciale, quindi, dare vita a iniziative e programmi concreti di benessere sociale e organizzativo: in quest’ottica, il ruolo delle risorse umane diventa ancora più essenziale: spetta all’HR rendere le proprie pratiche più inclusive e attente al benessere integrale delle persone.  

«La domanda guida – continua Gabrielli – è se il lavoro che viene progettato e poi assegnato ai collaboratori è un lavoro di qualità», che consente di mettere in campo i propri talenti e generare anche soddisfazione lavorativa. Il lavoro si lega quindi a doppio filo non solo con le competenze delle persone, ma anche con «i loro progetti, le loro aspirazioni e le loro preferenze, senza dimenticare la dimensione delle condizioni nelle quali il lavoro viene realizzato». 

Gabrielli ritiene che esistano tre filoni principali che guidano le riflessioni sulle condizioni di lavoro. Il primo è quello dei contenuti e del senso del lavoro: «Le persone ricercano in esso sempre più uno scopo e una ragione che dia senso al tempo e alle energie investite in tale attività». Non basta più la retribuzione economica a motivare i dipendenti, «che avvertono la necessità di trovare nel lavoro socialità e benessere». A livello concreto, questo significa ridefinire le esperienze di lavoro in modo che mettano al centro la persona e i suoi bisogni. 

Il secondo punto è quello delle competenze, soprattutto alla luce delle frequenti situazioni di mismatching tra domanda e offerta. Occorre quindi trovare nuove soluzioni per privilegiare una strategia rivolta alle competenze e aitalentidelle persone, mettendo in discussione le modalità tradizionali di apprendimento: lo sviluppo di nuove competenze può infatti ricoprire una funzione di rigenerazione e crescita per l’impresa. 

Il terzo filone, infine, è quello della diversità: «Sempre più persone – fa notare Gabrielli – stanno riconsiderando e posticipando la pensione, costretti anche da cause esterne, come l’aumentare del costo della vita». Questo fenomeno, quindi, può avere un impatto sul tradizionale concetto di forza lavoro, che diventa così ancora più articolata e ricca di diversità. 

Il concetto di sostenibilità è l’opportunità per ripensare i modi in cui si producono e si distribuiscono i servizi e non a caso è considerato da alcuni una nuova forma di capitalismo sostenibile, «inclusivo e sostenibile» (L. Fink). E se è vero che è importante il contributo dall’alto della politica e dell’educazione, è altrettanto vero che spetta all’HR, più da vicino, contribuire alla rivoluzione e al cambiamento all’interno della propria organizzazione. Non basta avvicinarsi agli obiettivi dell’Agenda 2030: occorre comprendere la «natura antropologica prima ancora che economica» del concetto di sostenibilità, sostiene Gabrielli. Sostenibilità significa avere a cuore il bene comune, «implementare una mentalità che passi dalla postura dell’io a quella del noi». 

L’HR deve quindi assumersi la responsabilità di accompagnare questa trasformazione, che chiede davvero un cambio di mindset e di cultura dell’organizzazione. Per Gabrielli cambiare quest’ultimo aspetto è forse la cosa più difficile, «perché significa toccare valori, esperienze, pratiche di successo, toccare magari anche ciò che finora ha funzionato».  

La funzione HR deve sfruttare le sue due leve per accompagnare il cambiamento verso la sostenibilità: quella organizzativa, innanzitutto, e quella legata alla progettazione delle pratiche di gestione delle risorse umane. La persona non va considerata solo nella sua individualità, perché agisce all’interno di una rete di relazioni: «tutto è relazione» e perciò l’interdipendenza diventa essenziale, perché ogni decisione ha impatto su altre persone. Essere sostenibili, poi, significa avere uno sguardo a lungo termine, perché, conclude Gabrielli, «sostenibilità significa rispetto dei tempi degli altri, soprattutto delle generazioni che verranno dopo». L’HR, quindi, deve avere «una sorta di road map», su cui tracciare principi e pratiche HR per indirizzare con efficacia la volontà di organizzare e gestire le persone e il lavoro in modo sostenibile.  

error

Condividi Hr Link