Ridurre il gender pay gap, scende in campo la politica

Un impegno del nuovo governo di Giuseppe Conte. In Parlamento ci sono diverse proposte di legge per intervenire in materia: prevedono obblighi informativi per le imprese e meccanismi bonus-malus e “bollini” per le organizzazioni virtuose in fatto di parità uomo-donna. Nel mondo sono solo 6 i Paesi in cui c’è pari dignità.

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Nel mondo delle risorse umane, ma nell’impresa in generale, c’è un riconoscimento unanimento del valore della diversità e dell’inclusione, ma  nonostante questo il gender gap è ancora una realtà: secondo i dati Eurostat, nel settore privato le donne guadagnano il 20,7 per cento in meno rispetto ai colleghi uomini, e il divario sale al 30 per cento quando ci sono di mezzo i figli (qui il nostro ultimo approfondimento sul tema). Fanno eccezione alcune aziende virtuose che si stanno muovendo da tempo su questo tema, come – tra le altre – Astrazeneca, Mapei o Accenture, best practice di cui ci siamo occupati, ma anche Allianz Partners, Alés Group, Amgen, Cameo, Biogen, Grenke e Sanofi, che hanno ottenuto dal Winning Women Instituite il bollino rosa per la parità di genere. La novità delle ultime settimane è l’attenzione della politica. Il nuovo governo giallorosso guidato da Giuseppe Conte ha promesso impegno per la riduzione del gap salariale e ci sono già alcune proposte di legge per intervenire sulla materia. Uno dei temi conduttori è quello della conoscenza del fenomeno: sempre più le imprese dovranno realizzare rapporti sulla condizione salariale del proprio personale e tutti i dati dovranno poi confluire in un rapporto nazionale. Il rafforzare la presa di coscienza sul tema, avere davanti agli occhi i numeri del gap, è il primo passo per produrre cambiamento.

I progetti

Ci sono diversi progetti di legge che hanno l’obiettivo di intervenire sullo squilibrio salariale uomo-donna. Una delle proposte depositate al Senato, prima firmataria la deputata PD ma sottoscritto da tutto il gruppo, è incentrata su tre azioni: rafforzare gli obblighi di trasparenza per i datori di lavoro (anche per le piccole imprese) in merito alle retribuzioni; contrassegno di parità e accesso ad agevolazioni fiscali per le imprese virtuose; sanzioni fino a 3 mila euro per chi non rispetta gli obblighi di trasparenza. Altro progetto di legge, prima firma Chiara Giribaudo del Pd ma il testo è condiviso anche da parlamentari del Movimento 5 Stelle e Forza Italia, prevede sempre obblighi di trasparenza e meccanismi bonus-malus (fino all’arresto, in caso di falsificazione delle comunicazioni) ma anche il coinvolgimento dell’ufficio della Consigliera nazionale di parità, cui spetterà il compito di redigere un rapporto biennale e assegnare, d’intesa con i ministeri competenti, i bollini di parità alle imprese virtuose. “La possibilità di rilasciare una «certificazione di pari opportunità di lavoro» alle aziende che, all’esito dell’attività di verifica, avranno rispettato i parametri minimi di pari opportunità stabiliti con decreto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, potrà creare un circolo virtuoso per aiutare le donne italiane a trovare un impiego e a colmare il gap che le vede guadagnare fino a un quinto in meno dei colleghi a parità di mansioni”, hanno dichiarato Francesca Bagni Cipriani e e Serenella Molendini, rispettivamente Consigliera Nazionale di Parità effettiva e Consigliera Nazionale di Parità supplente.

Nel mondo

Il gender gap non è una questione nazionale. La fotografia mondiale sul tema l’ha scattata la Banca Mondiale, nel rapporto “Women, business and the law 2019”. Esistono solo sei paesi al mondo (Francia, Belgio, Danimarca, Lettonia, Lussemburgo e Svezia) in cui non ci sono differenze tra uomo e donna per quanto riguarda i diritti sul lavoro. I sei Paesi raggiungono il punteggio massimo, 100 punti, mentre l’Italia si ferma a 94 punti alla posizione numero 22. A pesare, più che i diritti, è proprio il pay gap che supera anche i 900 euro mensili in alcune regioni del Nord. Dal rapporto emerge che, globalmente,  le donne possano vantare solo tre quarti dei diritti che sono invece riservati agli uomini.

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