TAVOLA ROTONDA

Oltre le quote rosa per la parità uomo-donna sul lavoro

Tutti concordano sull’importanza avuta dalle quote rosa per far fare un passo avanti all’Italia verso la pari dignità di genere sul lavoro, ma bisogna andare oltre gli obblighi

Le quote rosa sono state uno strumento utile per avvicinare l’Italia ai Paesi più virtuosi in fatto di parità di genere sul lavoro. Ma non sono la soluzione definitiva al problema. Serve un cambio culturale di fondo, la valorizzazione di meriti e politiche aziendali attente alla diversità. Ne abbiamo parlato con Laura Bosser (Mapei), Donatella Sciuto (Politecnico di Milano), Raffaella Temporiti (Accenture).

Laura Bosser

 HR Corporate Manager Gruppo Mapei

Laura Bosser è HR Corporate Manager, lavora sull’armonizzazione dei processi HR a livello globale ed è responsabile delle società europee del Gruppo Mapei. Un gruppo di 10.500 dipendenti e 87 società nel mondo. Laura Bosser è in Mapei da 19 anni.

 

Servono ancora le quote rosa?

Diciamo che sono servite ad avvicinare l’Italia ad altri paesi più virtuosi di noi su questo terreno.
Devo però anche rilevare che questo meccanismo ci ha allontanati dall’idea della piena valorizzazione del merito.

 

Meglio le quote imposte per legge o lavorare su un cambio di mentalità?

Considero le quote rosa una sorta di “male necessario”. Una parte di un percorso, ma non una soluzione definitiva al problema della piena parità tra uomo e donna. Sono per un approccio pienamente meritocratico e non mi piacciono le logiche che impongono obblighi, seppur con finalità positive, perchè non sono in grado di garantire un cambiamento e, paradossalmente, possono creare discriminazioni a loro volta. Quindi, direi che sarebbe più appropriato lavorare sul cambio di mentalità.

 

Qual è, secondo lei, il limite principale alla piena parità e la prima cosa da fare per superare il gender gap?

Il limite principale è culturale, è lo stereotipo che si perpetua, è l’adesione acritica a una visione maschilista del mondo, soprattutto nel lavoro. La prima cosa da fare è essere tutti disponibili a un vero cambio di mentalità e reintrodurre una sana cultura della competitività che vada oltre il genere. Per avere risultati bisogna cominciare a lavorare nelle scuole sull’accettazione della diversità e la creazione di una cultura meritocratica.

 

Quali politiche di diversity avete in Mapei?
Progetti per la piena parità uomo/donna?

Diciamo questo: in Mapei siamo interessati a creare le condizioni per la competitività, non il genere delle persone. Facciamo cose di buonsenso, come ad esempio valutare le competenze e mai il genere, anche per quei ruoli tecnici che, nella vulgata comune, sono tipicamente maschili. Mi interessa trovare persone competenti e capire quanto sono “fit” per il ruolo che devono ricoprire, nient’altro. È il modo per scegliere i migliori, siano donne o uomini. Accanto a queste politiche generali, il gruppo è stato sempre sensibile nel concreto alla gender equality. Potrei citare tanti progetti di part time al rientro della maternità, di sensibilizzazione al congedo parentale maschile, di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, che negli anni abbiamo sviluppato e consolidato.

 

Lei è una donna in una posizione di rilievo in una grande impresa, come poche altre: come è stato il suo percorso?

Nella mia crescita mi hanno aiutato, da un lato, aspetti tipicamente femminili come la capacità di ascolto e l’attenzione alla persona, dall’altro un carattere forte e determinato… da maschio. Quello che ho fatto è stato cercare di rompere gli stereotipi, andando in cantiere con gli scarponi e il casco o in stabilimento. All’inizio non è stato facile, poi è prevalso l’apprezzamento per la competenza e la tenacia. Due aspetti che mi hanno aiutato moltissimo nel mio personale percorso di carriera.

 

Cosa direbbe a una giovane neolaureata alle prese con la ricerca di un lavoro?

Il primo consiglio è di scegliere il percorso professionale per il quale ci si sente portati e di non scoraggiarsi mai, nemmeno quando ci si imbatte in strani meccanismi, in un rifiuto o si trova una porta chiusa. La strada scelta va percorsa anche quando è in salita. A una giovane donna direi di essere curiosa, di metterci passione e impegno e soprattutto di avere la capacità di trasportare queste qualità in azioni concrete sul lavoro, che dimostrano il proprio valore. È il modo migliore per avviarsi a una carriera di successo.

Donatella Sciuto

Prorettore vicario Politecnico di Milano

Donatella Sciuto è Prorettore Vicario del Politecnico di Milano. È professore ordinario di Architettura dei calcolatori e sistemi operativi.

 

Cosa pensa delle quote rosa: servono ancora?
Meglio operare su un cambio di mentalità o prevedere degli obblighi di legge?

Parto dai numeri, che di per sé parlano molto chiaro. Secondo il Global Gender Gap Report 2018, l’Italia è al settantesimo posto su 149 Paesi in materia di parità di genere, 118esima se si considera la partecipazione delle donne alla vita economica, 61esima per livello di formazione, 38esima sul fronte della partecipazione alla vita politica. In Europa, peggio di noi fanno solo Grecia, Malta e Cipro. Grazie all’effetto della legge sulle quote rosa, dal 2012 il numero di donne all’interno dei Consigli di Amministrazione è triplicato passando da 242 a 751. Ma non è tutto rosa e fiori: i ruoli esecutivi restano ancora poco accessibili, nonostante negli ultimi 5 anni le donne dirigenti siano cresciute del 20%. Accanto a quella che è un’imposizione formale, credo quindi che un cambio di mentalità sia assolutamente necessario. Se da un lato le quote rosa sono servite ad aprire un varco in un sistema chiuso, dall’altro non sono sufficienti a scardinarlo se prima non cambiamo atteggiamento e mentalità.  Ritengo quindi fondamentale che siano garantite pari opportunità e pari dignità a tutti nell’accesso all’istruzione, nell’ingresso e nello sviluppo delle professioni. Questo indipendentemente dal genere, dalla provenienza, dalla religione o dall’orientamento sessuale. Ognuno di noi, che sia uomo o donna, deve poi dimostrare di meritarsi questi traguardi.

 

Qual è, secondo lei, il limite principale alla piena parità e la prima cosa da fare per superare il gender gap?

Non ci sono ricette semplici. Considerando il mondo del lavoro, sicuramente uno dei limiti maggiori è la disparità salariale, che inizia sin dall’assunzione. Il manifesto per l’occupazione femminile di Valore D, che il Politecnico di Milano ha firmato, è un documento programmatico in nove punti che mira a definire delle azioni per raggiungere la parità di genere nel mondo del lavoro. Mi sembra un buon punto di partenza.

 

Nel concreto, cosa state facendo in Ateneo sulla diversity, per la piena parità uomo-donna?

Il nostro principale problema è la presenza femminile soprattutto nell’ambito dell’ingegneria, sia tra gli studenti sia nel corpo docente. Questa va incrementata e mantenuta. Per questo, all’interno del programma POP – Pari Opportunità Politecniche – abbiamo organizzato corsi di storytelling per le dottorande, perché rappresentino dei veri e propri “role model”, e iniziative di Women Mentoring, in collaborazione con le imprese. Abbiamo attivato borse di studio e previsto servizi di asilo nido in aiuto delle neo mamme. Quello che è certo è che continueremo a impegnarci perché la nostra università inverta la rotta, perché le donne, che oggi rappresentano un terzo del corpo studentesco (1/5 a ingegneria, con un insufficiente 10% in Corsi di Laurea come Informatica e Meccanica), siano più numerose e più sicure di sé e delle proprie capacità. Quest’anno proponiamo il primo Bilancio di Genere, che rappresenterà uno strumento utile per valutare e confrontarci con altre realtà. Lasciatemi dire che il nostro è un contributo significativo, ma non sufficiente, fatto da piccole battaglie per sconfiggere un grande nemico. “È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”, ha detto Albert Einstein. Da buoni uomini e donne di scienza, per tentativi ed errori, proviamo ogni giorno a dimostrare il contrario.

 

Donna in una posizione di rilievo in una grande università, come poche altre, e docente in materie ancora molto “maschili”: come è stato il suo percorso?  

Ho scelto di iscrivermi a ingegneria perché volevo capire come funzionano le cose, prima con interesse e poi con passione. Ho poi scelto di continuare a “studiare per lavoro”, perseguendo nella carriera accademica che, anche se può essere considerata di successo, non è stata priva di ostacoli o di fallimenti. Ma quando ami il tuo lavoro e credi di potercela fare, allora trovi dentro di te la forza di rialzarti, di imparare e di guardare avanti, sfidando pregiudizi ed esplorando nuovi orizzonti.

 

Cosa si sentirebbe di dire a una giovane neolaureata?

Non aver paura di provare!

Raffaella Temporiti

Managing Director Risorse Umane di Accenture Italia

Raffaella Temporiti è responsabile Risorse Umane Accenture Italia. Dal 2000 ha svolto ruoli di crescente responsabilità nell’ambito del management delle risorse umane, a livello nazionale e internazionale, dapprima nel settore dei trasporti con Alitalia e a seguire nell’industria dei servizi di tecnologia in IBM. Dal 2016 è in Accenture.

Le quote rosa servono ancora?

Ritengo che le quote rosa non possano risolvere tutti i problemi di disparità di genere presenti nel mercato del lavoro italiano, ma rappresentino indubbiamente un segnale importante. Infatti, hanno giocato un ruolo strategico nell’amplificazione della consapevolezza che a un più elevato numero di donne in ruoli di responsabilità corrisponda un considerevole impatto sociale in termini di distribuzione del potere, democrazia e cultura. La pluralità di competenze e profili professionali costituisce un’opportunità per generare maggior innovazione, un antidoto al conformismo dei processi decisionali e una maggiore efficacia nel funzionamento complessivo del sistema stesso.

 

Meglio operare su un cambio di mentalità o prevedere degli obblighi di legge?

In Accenture crediamo fermamente che un ambiente di lavoro inclusivo favorisca lo sviluppo della leadership al femminile. I nostri talenti vivono in un ambiente creativo, dinamico e internazionale e siamo convinti che una cultura basata sulla valorizzazione della diversità, della multidisciplinarietà e delle differenti storie ed esperienze individuali generi creatività, innovazione e risultati.

I nostri sforzi si concentrano su una cultura aziendale fondata sulle pari opportunità che ponga le persone al centro, incoraggiandole a essere autentiche, a intraprendere nuove sfide e a far emergere e condividere idee per innovare. Si tratta inoltre di avere una leadership coraggiosa, capace di prendersi impegni rilevanti sulla parità di genere, anche in modo indipendente da una pur necessaria evoluzione della normativa vigente in materia.

 

Qual è il limite principale alla piena parità uomo-donna e la prima cosa da fare per superare il gender gap?

Ritengo che il principale limite alla piena equità fra uomo e donna possa essere di natura culturale, in quanto spesso sopravvivono ancora vecchi stereotipi che favoriscono le disuguaglianze. Per esempio, sono ancora poche le donne che intraprendono percorsi tecnico–scientifici ponendo così un limite all’ingresso e all’avanzamento del mondo del lavoro, che sempre più si indirizza verso competenze STEM. Per superare il gender gap è necessario porsi degli obiettivi concreti e impegnarsi a fondo per raggiungerli. A livello globale, in Accenture le donne rappresentano oggi il 42,7% della forza lavoro, un dato in crescita rispetto a quando la nostra azienda si è posta l’obiettivo di raggiungere, entro il 2025, un bilanciamento 50:50 in termini di genere.

 

Nel concreto, cosa state facendo nella vostra azienda sulla diversity, per la piena parità uomo-donna?

Sono numerose le azioni concrete intraprese da Accenture a livello globale per spingersi sempre oltre nella direzione della diversità e dell’inclusione. Tra queste rientra sicuramente la creazione di un Consiglio di Amministrazione improntato alla diversità geografica e di genere, composto da persone provenienti da sei paesi di quattro diversi continenti e da quattro donne, di cui una è Lead Director del CdA.

L’Italia contribuisce con orgoglio agli obiettivi che Accenture si è posta a livello globale, con un’agenda programmatica volta ad aumentare l’attuale gender mix che oggi si attesta sul 36% e il 47,5% delle nuove assunzioni, soltanto negli ultimi 12 mesi.

Lavoriamo inoltre per lo sviluppo di una cultura aziendale inclusiva e motivante attraverso policy che favoriscano la flessibilità e il bilanciamento vita-lavoro, come ad esempio forme di part time verticale e orizzontale, smart working (incoraggiando l’adozione di tali forme di flessibilità anche da parte degli uomini), iniziative volte a valorizzare la maternità e la genitorialità come un’esperienza di vantaggio per la società e per l’azienda. In Italia, ad esempio, il programma “Your Child Your Master” (in collaborazione con MAAM/LBV srl) è volto a valorizzare le soft skills che naturalmente si sviluppano con la maternità/paternità. Favoriamo lo sviluppo di una mentalità inclusiva della leadership che vada oltre la diversità di genere, al fine di abbattere stereotipi e pregiudizi per costruire una leadership responsabile capace di meritocrazia inclusiva e in grado di far emergere tutti i talenti.

A livello di empowerment femminile, ci adoperiamo per rafforzare le competenze di leadership affinché possano esprimere i propri talenti e avanzare, attraverso percorsi di sviluppo della leadership, incontri di coaching individuali e di gruppo e un confronto continuo con role model di valore: il tutto abilitando una rete di relazioni con tutto l’ecosistema affinché si creino delle alleanze positive per l’obiettivo comune della parità. Lo studio “Getting to Equal” che Accenture porta avanti da anni rappresenta una conferma del nostro impegno sia verso la parità dei nostri dipendenti, sia verso la comunità in generale.

Ci impegniamo inoltre in un rafforzamento costante della pipeline verso posizioni di leadership attraverso iniziative di monitoraggio e intervento sui ruoli e responsabilità assegnate a donne con potenziale, con l’obiettivo di garantire la presenza femminile nei ruoli di core business dell’azienda.

Mettiamo infine in campo numerose iniziative specifiche per incoraggiare le giovani donne a intraprendere percorsi tecnico-scientifici e ampliare il ventaglio di opportunità di impiego e crescita professionale. In Italia, per esempio, collaboriamo attivamente con il Comune di Milano nell’ambito del programma STEM IN THE CITY e implementiamo programmi di formazione su aree tecniche, digital e soft skills come, per esempio, “Palestre per le Professioni Digitali” e “Code For Future”.

 

Donna in una posizione di rilievo in una grande impresa, come poche altre: come è stato il suo percorso?

Lo definirei sicuramente un percorso appassionato e di continua crescita, durante il quale ho cercato di vedere più gli stimoli e le sfide che gli ostacoli, cogliendo tutte quelle opportunità che di volta in volta mi permettevano di esprimere al meglio i miei talenti e le mie peculiarità. Ho sempre investito tempo nella comprensione e nella condivisione dei miei punti di forza con la leadership e gli stakeholders organizzativi.

 

Cosa si sentirebbe di dire a una giovane neolaureata?

Consiglierei di mantenere sempre viva la curiosità e la passione per quello che si fa, dedicando tempo ed energia all’apprendimento per rimanere rilevante sul mercato. È importante essere determinate, fortemente consapevoli delle proprie aspirazioni e capacità, guardando sempre al futuro.

 

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