Selezione e formazione del personale, la “strada” di IBSA Farmaceutici

Catellani, Head of human resources: «Quando si assume si prende a bordo una famiglia»

daria catellani

Abbiamo intervistato Daria Catellani, Head of Human Resources di IBSA Farmaceutici. L’azienda è parte di IBSA (Institut Biochimique SA) e ha il suo headquarter a Lodi, dove è nato anche il primo stabilimento. Negli anni, IBSA Farmaceutici è cresciuta rapidamente aggiungendo la sede di Roma e lo stabilimento di Cassina de’ Pecchi (MI) e diventando una realtà economica e scientifica di primo piano nel settore farmaceutico italiano. Attualmente IBSA impiega in Italia oltre 500 collaboratori e ha all’attivo novanta famiglie di brevetti su tecnologie farmaceutiche all’avanguardia. Tecnologia, know-how e investimenti in ricerca e sviluppo hanno permesso all’azienda di costruire nel tempo un ampio portafoglio prodotti in dieci aree terapeutiche. «Quando si assume una persona si prende a bordo anche la famiglia». Esordisce così e ne è convinta Daria Catellani.

Dottoressa Catellani, cosa significa “prendere a bordo” una famiglia?

«Nella nostra azienda è diffusa la cultura secondo la quale assumere un nuovo collaboratore significa dare valore anche all’aspetto umano del lavoro. Durante i colloqui suggerisco sempre di confrontarsi con la famiglia perché sono convinta che ogni passaggio lavorativo, essendo un cambiamento importante, debba essere supportato anche emotivamente. Non è un caso che a dicembre 2021, a seguito di una ricerca condotta dal Corriere della Sera in partnership con Statista, siamo risultati tra le migliori aziende in cui lavorare in Italia».

In tempi in cui tanto si parla di work & life balance, soprattutto dopo ciò che ha scatenato la pandemia, quando la compenetrazione tra lavoro e vita privata è emersa con forza, questo punto fermo risulta a maggior ragione importante…

«Sì, e nella nostra azienda questa idea è sempre stata un filo conduttore anche durante la sua trasformazione, evoluzione e crescita. Faccio un esempio: anni fa il fatto di avere sede a Lodi poteva essere percepito come un deterrente nello scegliere di lavorare in IBSA. Nel tempo la nostra collocazione geografica, periferica rispetto al centro di Milano, non è più qualcosa che viene percepito come negativo, ma “vincono” il clima e il contesto aziendali, ossia l’attenzione che cerchiamo di riservare a tutti i nostri collaboratori anche per quei piccoli aspetti quotidiani che possono sembrare trascurabili all’inizio ma che nel corso del tempo fanno la differenza. Una fermata d’autobus, ad esempio: alcuni anni fa abbiamo lavorato con il Comune per fare in modo che venisse installata una fermata delle linee sub urbane proprio di fronte al nostro stabilimento».

Nella home page del vostro sito ricordate i quattro pilastri della vostra azienda: persone, innovazione, qualità e responsabilità. È importante ribadirlo con forza?

«Certamente, perché le persone sono la parte fondamentale del contesto aziendale. E lo sono da quando inizia la ricerca fino all’inserimento vero e proprio. Non siamo l’azienda perfetta, ma certamente per noi i nostri collaboratori, interni ed esterni, non sono numeri ma persone alle quali prestiamo attenzione e che accompagniamo in tutto il loro percorso, attraverso una formazione costante e attività di sviluppo professionale in un ambito, quello farmaceutico, fortemente normato».

Quante sono le persone che lavorano in IBSA?

«Oltre 600 Persone costituiscono il team di IBSA Farmaceutici, con un 47 % di gender balance e il 70% di donne nella ricerca. Numeri in continua crescita in virtù del forte sviluppo del business e che vanno nella direzione di costruire un team coeso ed equilibrato nell’organizzazione tra neofiti e persone con un know-how solido, perché da questo incontro nasce ricchezza. Ci piace inoltre dare anche spazio ai progetti di alternanza scuola-lavoro, per offrire l’opportunità ai giovanissimi di poter comprendere a pieno le proprie attitudini.  Ci concentriamo, infine, sugli stage formativi con l’obiettivo, se possibile, di dare continuità, confermando la risorsa».

Quali skill sono più cruciali?

«Al netto delle hard skills necessarie, penso che alcune soft skills siano molto importanti per far crescere le persone. Lavoriamo su percorsi individuali, attività di team building o di formazione interdipartimentale e di cross team building: proporre qualcosa di trasversale a più divisioni che coinvolga figure che non collaborano necessariamente assieme dà forza alla squadra».

Quali sono i “segreti” dei professionisti HR?

«Credo che sia fondamentale dimostrare alle persone che presti loro attenzione e ascolto. Questo fa sì che i talenti restino in azienda, anche attraverso job posting o job rotation, nel rispetto di tutti i ruoli. Si possono presentare occasioni in orizzontale invece che in verticale e tutto deve avvenire nella massima trasparenza. Le persone tengono in grande considerazione il percorso formativo e lo dimostrano anche durante i colloqui».

In che modo?

«Fanno domande a riguardo. E credo che questo sia l’atteggiamento giusto: quando una persona mi chiede informazioni sui percorsi formativi, io capisco di avere davanti qualcuno che guarda al futuro».

Nota una differenza di approccio tra nuove e meno giovani generazioni?

«Senz’altro, nella loro voglia di crescere con un piano di sviluppo che possa far esprimere le loro capacità e accrescere le loro competenze. I giovani sono attenti al benessere, alla qualità e alla flessibilità del lavoro e alla sostenibilità come impegno aziendale. I colloqui che si svolgevano qualche anno fa si concentravano invece più su aspetti di tipo economico».

Cosa significa per lei essere trasparenti?

«Raccontare le cose come stanno!  edulcorare o rappresentare l’Azienda per quello che non è porterebbe a una mancanza di credibilità nei confronti dei candidati che, una volta inseriti nel contesto lavorativo, si sentirebbero traditi. I giovani, poi, fanno molte domande e io mi rendo sempre disponibile a chiarire ogni dubbio per cominciare insieme un percorso di fiducia e di attenzione».

Che consigli darebbe a chi dovesse affrontare un colloquio?

«Di arrivare preparati, avendo studiato il contesto in cui si vuole lavorare e di chiedere senza riserve. Io non metto limiti di tempo al colloquio, che deve essere esaustivo e preferibilmente, non lasciare dubbi».

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